Il confronto in essere tra governo e parti sociali riguardante il tema dell'aspettativa di vita continua a registrare una sostanziale distanza tra le parti. L'ultima presa di posizione al riguardo vede infatti lanciare un nuovo allarme dai sindacati ed in particolare dalla Cgil. Ad esprimere la propria preoccupazione sui dati forniti recentemente dai tecnici è il Segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli, che ha ribadito l'incoerenza dei dati facendo il punto sulla platea dei potenziali beneficiari degli interventi finora proposti. Quello che emerge è un quadro di sostanziale disaccordo su quanti potranno effettivamente beneficiare delle misure di sterilizzazione del prossimo adeguamento all'aspettativa di vita.
Con la conseguenza che molti lavoratori rischiano di restare tagliati fuori dalle tutele promesse.
Pensioni e speranza di vita: la Cgil definisce infondate le stime riguardanti 15-20mila salvaguardati
Entrando nel merito delle ultime dichiarazioni rilasciate da Roberto Ghiselli, il problema riguarderebbe i potenziali 20000 soggetti tutelati dall'innalzamento dell'età di pensionamento a 67 anni (o dall'incremento di cinque mensilità) a partire dal prossimo primo gennaio 2019. Il sindacalista parla di cifre infondate e spiega che le 15 categorie indicate dai tecnici dell'esecutivo sarebbero comunque insufficienti per garantire una soluzione accettabile rispetto alla portata del problema.
Per i sindacati stime assai improbabili se confrontate con i dati del 2016
In particolare, per i sindacati risulta incoerente il confronto con i dati delle Pensioni dei lavoratori dipendenti che sono state liquidate nel 2016 dall'Inps. Se si analizzano le statistiche, emerge come improbabile che l'intervento governativo possa rivelarsi davvero sufficiente.
Nello scorso anno questi pensionamenti sono stati infatti meno di 60mila, pertanto è difficile sostenere che le 15 categorie ipotizzate nella proposta governativa riescano a garantire lo stop all'adeguamento ad un terzo degli aventi diritto. Anche perché un numero elevato di assegni sono stati maturati tramite pensionamenti anticipati, pur escludendo le altre opzioni disponibili (come ad esempio le pensioni ai superstiti o quelle di invalidità).
Stante la situazione, dalla Cgil si chiede un intervento davvero esaustivo, che possa prevedere "anche uno stop all'aumento degli anni di contributi necessari per maturare la pensione anticipata". Questo tenendo presente che a partire dal 2019 il criterio contributivo salirebbe a 43 anni e 3 mesi di versamenti. Un vincolo che viene considerato come troppo oneroso per i lavoratori coinvolti.
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