La riforma Fornero ha salvato il sistema previdenziale che rischiava di implodere. La riforma Fornero è stata necessaria per adeguare il sistema previdenziale italiano agli standard europei e rispondere ai diktat provenienti da Bruxelles. Inoltre, sempre la riforma fu necessaria perché il sacrificio chiesto ai pensionati servì per tamponare il grave periodo di crisi economica del triennio 2011-2013. Un sacrificio da spendere sull’altare dello spread che vide i pensionati tra i più penalizzati. Queste le giustificazioni ad una Legge che di fatto ha inasprito di molto il sistema previdenziale nostrano e che continua e continuerà a sortire effetti anche nei prossimi anni.
Per la prima volta però, il Governo ha messo in luce gli errori commessi con la riforma Fornero, almeno per quanto asserito dal Ministro del Lavoro Poletti nel salotto di Bruno Vespa a “Porta a Porta” di ieri sera.
Bocciata la riforma del Governo Monti
Il Ministro del Lavoro ha di fatto messo in luce molte delle problematiche che la riforma delle Pensioni ha lasciato in campo per gli italiani. Secondo Poletti la Fornero è stata fatta senza pensare alle problematiche che avrebbe creato, a partire dalla nascita di una nuova categoria di soggetti, quelli più vessati dalla riforma delle pensioni, gli esodati. Altra bocciatura secondo il Ministro va data all’impennata dei requisiti di accesso per le pensioni, a partire da quel meccanismo dell’aspettativa di vita che come confermato dall’Istat, porterà irrimediabilmente le pensioni a salire a 67 anni nel 2019.
Secondo Poletti andava tenuto conto delle differenti mansioni o lavori perché un aumento strutturale e a macchia d’olio, che non tiene in considerazione la differente stima di vita in base alla pesantezza delle attività lavorative svolte è stato un errore. In pratica, Poletti sembra sposare in pieno una ormai vecchia proposta dei sindacati che voleva differenziare i lavoratori nei confronti del sistema aspettativa di vita.
Una proposta nata nel momento in cui da Governo, dalla Corte dei Conti e dalla Ragioneria di Stato, il blocco totale degli scatti per l’aspettativa di vita era stato bocciato per evidenti problemi di sostenibilità del sistema. Una specie di piano B dei sindacati che adesso sembra aver trovato un nuovo sponsor, stavolta interno al Governo e soggetto molto importante per gli incontri tra Governo e sindacati.
Ci siamo, ecco il nuovo summit
Domani 2 novembre è calendarizzato un nuovo summit tra Governo e parti sociali, sempre al Ministero del Lavoro e sempre con Poletti a rappresentare tra gli altri il Governo. Un incontro ancora più importante dei precedenti, non solo per le parole di Poletti, ma perché cade in una fase molto delicata della nuova Legge di Bilancio che è al Senato per iniziare a valutarne gli emendamenti, cioè le proposte correttive. Un proposta che potrebbe arrivare è di sospendere di 6 mesi il decreto che sancirà lo scatto a 67 anni della pensione di vecchiaia nel 2019. Un altro emendamento invece potrebbe ripercorrere quanto detto da Poletti ieri sera e quanto sponsorizzato dai sindacati, cioè differenziare l’aumento dell’età pensionabile in base al lavoro svolto.
Domani si parlerà soprattutto di questo, perché il Governo tra le righe delle parole di Poletti in pratica ha ammesso tutte le difficoltà a tenere alcune categorie di lavoratori in servizio oltre i 67 anni di età. Sembra prendere campo l’ipotesi di seguire la traccia avviata con l’Ape sociale e quota 41, con le 11 attività gravose previste dalla scorsa Legge di Stabilità che ha segnato l’elenco dei soggetti a cui concedere il beneficio previdenziale delle due misure. Su quali siano i lavori gravosi infine, sempre Poletti ha sottolineato come questo tema sia da affrontare ancora, perché non ci sono solo le maestre di asilo o gli infermieri delle sale operatorie (due delle 11 attività gravose previste nella manovra 2016).
Il tema secondo il Ministro andrà affrontato da un altro punto di vista, magari scientifico per valutare quali lavoratori siano più soggetti ad usura e pertanto, beneficiabili di uno sconto in termini di uscita per la pensione.