Stretta sull’assenteismo, sulle molestie e sui conflitti di interesse, maggiori tutele per i lavoratori e maggiore forza contrattuale per i rappresentanti dei lavoratori sono le nuove regole scritte nel nuovo contratto dei lavoratori pubblici. Il nuovo contratto avrà valenza triennale e pertanto, se la parte normativa non può essere utilizzata a ritroso per assenteismo, licenziamenti e così via, la parte economica avrà effetto dal gennaio 2016. L’aumento di stipendio previsto dal nuovo contratto sarà accompagnato da arretrati. Ma quali sono le reali cifre che finiranno nelle tasche dei lavoratori?

ecco nel dettaglio tutto quello che bisogna sapere in vista degli aumenti in arrivo .

Contratto apripista

Un rinnovo che Aran e sindacati hanno raggiunto il 23 dicembre e che riguarda per adesso solo il Comparto dell’Amministrazione Pubblica Centrale, quella che comprende tra gli altri i dipendenti dei Ministeri. Una platea di lavoratori di 250mila unità, una piccola fetta degli oltre 3 milioni di lavoratori in organico nell’intera Pubblica Amministrazione. Si tratta però di un rinnovo che di fatto apre anche agli altri comparti che presto otterranno lo stesso risultato. La questione contrattuale nel Pubblico Impiego quindi può considerarsi chiusa, almeno fino al 31 dicembre 2018 quando è prevista la scadenza del nuovo contratto e sarà necessario provvedere ad un altro rinnovo.

Tutti soddisfatti, dal Governo ai sindacati perché il rinnovo era atteso da anni, ma alcune sigle sindacali (Usb, Cisal e Cgs) non hanno sottoscritto l’intesa, evidentemente in disaccordo sulle cifre. L’aumento di stipendio che arriverà presumibilmente a marzo, prevede aumenti medi compresi tra poco più di 60 e poco più di 115 euro a lavoratore.

Un aumento annuo minimo di 1.019 euro dunque che però non copre più di 8 anni di buco con relativa mancata perequazione e senza nemmeno l’indennità di vacanza a tamponare seppur di poco l’ammanco.

Arretrati e nuovo stipendio

Il rinnovo avrà decorrenza 1° gennaio 2016 e pertanto se è vero che a marzo scatteranno i surplus di stipendio, ai lavoratori spetteranno anche 28 mesi di arretrati comprensivi di tredicesime.

Nessuna possibilità che venga applicato il calcolo rigorosamente matematico degli arretrati, cioè moltiplicando l’aumento mensile previsto per tutti i mesi mancanti. Se non sarà marzo, per aprile o maggio ai lavoratori verrà erogato un rimborso da 500 euro circa a testa, un versamento in unica soluzione a chiusura del credito dei dipendenti. Anche in questo caso con le cifre non tutti sono d’accordo tra i rappresentanti dei lavoratori, mentre sulla questione tempistica del rinnovo molti partiti di opposizione parlano di piccoli aumenti elettorali. Resta comunque una notizia buona questo nuovo contratto anche se bisogna dire che adesso il documento deve completare il suo giro approvativo perché necessita ancora del parere positivo di Corte dei Conti e Ragioneria di Stato che devono dire di si al provvedimento dal punto di vista della spesa pubblica.

Passaggio obbligato ma con esito che non tutti danno come scontato perché il cosiddetto elemento perequativo a regime vale tra i 210 ed i 260 euro a lavoratore e le cifre disponibili dopo il varo della manovra finanziaria non appaiono sufficienti. Pochi soldi anche perché una buona fetta delle risorse è stata utilizzata per bloccare il pericolo perdita del Bonus Renzi per molti dei lavoratori che avranno l’aumento. Viene alzata a 26.600 euro la soglia di reddito utile a percepire il Bonus Irpef da 80 euro aumentando quindi il limite massimo previsto. Ai dipendenti dentro le stesse fasce di reddito del Bonus dell’attuale segretario del PD verrà concesso un extra aumento intorno alle 20 euro al mese.

Un incentivo a coprire i dipendenti con stipendi più bassi, mentre per le amministrazioni più ricche come quelle del parastato o delle Agenzie Fiscali extra tra i 9 ed i 15 euro al mese per i dipendenti, cifre giustificata dal loro inserimento nel salario accessorio.