Proprio mentre si completa il varo e l’approvazione della Legge di Bilancio con il suo striminzito pacchetto Pensioni, torna ad avere voce Elsa Fornero, l’ex Ministro del Governo Monti a cui tutti danno la responsabilità dei problemi previdenziali del paese. In effetti l’attuale sistema previdenziale si forgia proprio sulla sua riforma, l’ultimo intervento radicale in materia pensioni di cui si ha memoria. Una riforma che molti vorrebbero azzerare e che sembra sarà argomento tra i più gettonati nella prossima campagna elettorale per il nuovo Governo.
Resta il fatto che anche dopo la nuova finanziaria, la Legge Fornero resterà in vigore più che mai, continuando a sortire effetti anche nel 2019, con il già ufficializzato aumento di età pensionabile a 67 anni. E’ proprio sull’età pensionabile che la Professoressa Elsa Fornero inizia una sua personale analisi sulla previdenza, riportata dall’edizione digitale odierna del noto quotidiano “Il Foglio”, del direttore Claudio Cerasa.
La campagna elettorale
Le parole della Fornero traggono spunto dalle ripetute dichiarazioni dei leader di varie fazioni politiche evidentemente in campagna elettorale. L’ex Ministro punta il dito in maniera celata, contro chi asserisce di voler stralciare la sua riforma (Salvini) o di chi vuole ridurre le pensioni d’oro a partire da quelle da 5.000 euro al mese (DiMaio).
Secondo la Fornero se le pensioni che si vogliono attaccare sono quelle superiori a 5.000 euro lorde al mese, la loro semplice riduzione di importo non servirebbe a recuperare i soldi necessari per ripristinare la pensione di anzianità che proprio la sua riforma abolì. Troppo alto il salasso per le casse dello Stato se venisse reintrodotta la pensione a 40 anni di contributi che secondo la Fornero, ai tempi del suo Esecutivo e prima, molti volevano abolire e sacrificare sull’altare della modernità previdenziale.
Per ripristinare le pensioni di anzianità secondo lei sarebbe necessario azzerare tutte le pensioni sopra i 5.000 euro, almeno per restare dentro alle cifre di cui necessiterebbe una operazione di questa portata, cioè alcune decine di miliardi in un periodo di 5/6 anni.
Perché l’età deve aumentare
Secondo la Fornero poi, l’età pensionabile che aumenterà nel 2019 come previsto dalla sua Legge, resta necessario oltre che per le casse dello Stato o la sostenibilità del sistema previdenziale, anche per una questione tecnica.
Il sistema contributivo è fatto a posta per permettere ai pensionati di pagarsi da soli la propria pensione, cioè sfruttando i risparmi di una vita di lavoro che sono gli accantonamenti di contributi previdenziali a cui i lavoratori sono obbligati. Per aumentare gli importi delle pensioni in questo sistema è necessario aumentare gli stipendi che potrebbero salire solo con investimenti delle aziende ed un aumento cospicuo della produttività. Tutte cose che in periodi di crisi latente come questi, difficilmente si realizzano. Pertanto l’aumento delle pensioni può essere raggiunto solo lavorando più al lungo perché meno valgono i contributi, più devono essere accantonati per raggiungere una pensione dignitosa.
Lavorare più a lungo quindi è strettamente necessario anche per l’invecchiamento della popolazione come certifica l’Istat annualmente. Tornare a misure del passato, come ultimamente si sente dire da soggetti che la Fornero sembra considerare nostalgici è impossibile perché si tornerebbe ad utilizzare l’aumento del debito pubblico come base per finanziare misure previdenziali insostenibili, continuando a riversare sui giovani una paradossale situazione. Infine, sempre secondo l’ex Ministro, occorre ricordare che non solo le pensioni alte e ancora retributive sono quelle pagate in maniera sproporzionata rispetto ai contributi versati e che giustamente qualcuno vorrebbe limare, ma anche molte pensioni basse di artigiani, agricoltori e commercianti sono pagate di più di quanto dovrebbero essere pagate in base ai versamenti contributivi.
Pertanto bisogna se mai, continuare a chiedere aiuto alle pensioni davvero alte, con il contributo di solidarietà che fa parte della politica di conciliazione tra pensionati e ritornare a dare lavoro ai giovani e soprattutto ad aumentare gli stipendi. Solo così i giovani potrebbero avere un domani, una pensione degna.