Commentando il dato sull'occupazione pubblicato dall'ISTAT, il presidente della fondazione ADAPT, Francesco Seghezzi ha evidenziato i segnali positivi sul fronte dell'occupazione giovanile, a cui fa da contraltare qualche preoccupazione per i disoccupati over 50. Sul medio termine, la criticità sulla quale porre maggiore attenzione riguarda la forte prevalenza dei contratti a termine (90% sul totale) nell'ambito dei nuovi occupati degli ultimi 12 mesi.
10) In sintesi: dati buoni, soprattutto per i segnali positivi sul fronte giovanile. Dati influenzati dalla stagionalità di novembre (feste natalizie) che vedono crescere soprattutto lavoro a termine. Preoccupano i disoccupati over 50 che risentono di fine ammorizzatori sociali.
— Francesco Seghezzi (@francescoseghez) January 9, 2018
I segnali positivi
Secondo quanto riportato nel comunicato stampa, su base annua si registra un aumento degli occupati del 1,5% per un totale di 345mila unità.
Ulteriori segnali positivi riguardano il calo dei disoccupati e degli inattivi che sono diminuiti, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente rispettivamente di 243mila (pari a -7,8%) e 173mila (pari a -1,3%) unità.
4) Cresce il tasso di occupazione che arriva al 58,4%, ancora sotto i livelli pre-crisi ma si sta avvicinando. Nel confronto europeo restiamo terzultimi. Diminuisce anche tasso di disoccupazione all'11%. #Istat pic.twitter.com/HSnLb2VjLu
— Francesco Seghezzi (@francescoseghez) January 9, 2018
Migliora anche il dato sull'occupazione, pur rimanendo sotto i livelli pre-crisi, come evidenziato su Twitter da Francesco Seghezzi. Dato positivo anche per la disoccupazione giovanile che diminuisce del 1,3% su base annua.
Nel valutare questi dati occorre tuttavia tenere presente che il dato di novembre è positivamente influenzato dalla stagionalità legata alle festività natalizie.
Le ombre per il medio termine
A temperare l'ottimismo che potrebbe originare da indicazione positive intervengono alcune considerazioni sul medio termine. Guardando ai nuovi occupati degli ultimi 12 mesi, si osserva che solo il 10% ha carattere permanente.
Questo fattore potrebbe essere interpretato in parte con un atteggiamento di cautela da parte delle imprese, che ancora non ritengono di investire pienamente nella ripresa, in parte con una del mercato del lavoro.
10% permanenti, 90% a termine. Questa la composizione dei nuovi occupati negli ultimi 12 mesi. Il mercato del lavoro sta cambiando o le imprese non vogliono investire? Qualunque sia l'interpretazione servono urgentemente politiche attive per gestire le transizioni. #Istat pic.twitter.com/Xg7jn357Kj
— Francesco Seghezzi (@francescoseghez) January 9, 2018
In entrambe le ipotesi, secondo Seghezzi, occorrono politiche attive per sostenere i lavoratori nella fase di transizione.
Provando a trarre qualche conclusione di più ampio respiro, possiamo rilevare come la parola d'ordine per affrontare le trasformazioni e gli stravolgimenti del mondo del lavoro contemporaneo non possa che essere flessibilità. Le nuove tecnologie consentono di gestire produzione, vendita e consegna di prodotti e servizi (che spesso hanno carattere immateriale) in un'ottica sempre più 'on demand', cercando di adeguarsi il più possibile alla domanda mutevole dei consumatori. Un processo di questo tipo avrà necessariamente delle ripercussioni sul mondo del lavoro, privilegiando chi riesce ad adeguarsi per tempo ai nuovi schemi e costringendo tutti gli altri a ripensare il modo con il quale in precedenza i rapporti di lavoro venivano concepiti.