Il nuovo Esecutivo tra le priorità messe nel suo contratto o programma che dir si voglia, ha inserito le Pensioni. Con due o tre interventi mirati, l’Esecutivo, sempre che le misure vengano realmente avviate, cerca di rendere meno difficile centrare la pensione per i lavoratori. Usare il condizionale non è azzardato perché sulle misure pendono sempre i problemi di spesa pubblica e le casse dello Stato che languono. La riforma però dovrebbe essere fatta, anche se non sarà un intervento con cancellazione radicale della Legge Fornero. Tra vecchie misure in vigore e nuove misure probabili, ecco come si accederà alla pensione nel prossimo biennio.
Pensioni di vecchiaia e di anzianità
La Professoressa Elsa Fornero commentando le ultime novità in materia previdenziale, che sono quelle di cui si parla in questi giorni con il nuovo Governo giallo-verde, ha detto che si tornerà indietro di 20 anni. Una affermazione che trova conferma dal fatto che quota 41, la misura di pensione slegata dall’età anagrafica dei lavoratori andrebbe a sostituire la pensione anticipata che la stessa Fornero istituì in sostituzione della pensione di anzianità. Consentire a tutti di andare in pensione quando si raggiungono 41 anni di contributi versati si avvicina alle vecchie pensioni di anzianità che si centravano con 40 anni di contributi.
La quota 41 quindi sarebbe una misura universale, destinata all’intera platea dei lavoratori e non solo ai precoci disagiati della misura nata con la Legge di Stabilità dello scorso anno.
se quota 41 è la soluzione del nuovo Esecutivo per la pensione di anzianità, la flessibilità in uscita sarebbe garantita da quota 100. La pensione verrebbe percepita quando età e contributi, sommati, diano 100. Flessibilità concessa dal meccanismo quota che rende utili anche le frazioni di anno. Si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni di età e 38 di versamenti, oppure con 63 e 37 e così via.
il problema maggiore come dicevamo è l’alto costo delle misure e pertanto c’è già chi ipotizza limitazioni come per esempio la riduzione dei contributi figurativi da poter considerare utili ai requisiti di lavoro (potrebbero essere ritenuti validi solo 2 anni di contribuzione figurativa a lavoratore). Oppure, per ridurre la platea di possibili fruitori di quota 100, si fisserebbe una età minima per poter accedere alla misura, cioè 62 o 63 anni (escludendo quindi chi ha 60 anni e 40 di contributi o 61 e 39).
Scenari per il prossimo biennio
Il farraginoso iter burocratico delle leggi italiane lascia pensare che le misure di cui tanto si parla, necessiteranno di un certo lasso di tempo per venire alla luce ed essere attive. Probabilmente tutto sarà approntato nella Legge di Bilancio di fine anno che però garantirebbe l’avvio delle misure già nel 2019. Se quota 41 riuscisse a mandare in pensione lavoratori che altrimenti avrebbero dovuto completare i 43 anni e 3 mesi di contributi nel 2019 (5 mesi in più da gennaio per via dell’aspettativa di vita), la pensione di vecchiaia resterebbe ancorata alle attuali leggi.
Anche in questo caso l’aspettativa di vita nel 2019 aumenterà i requisiti utili portando l’età pensionabile a 67 anni.
I contributi necessari per la pensione di vecchiaia nel 2019 saranno 20 ed è evidente che quota 100, così come sembra nascerà, non servirà a quanti sono ben al di sotto dei 30/35 anni di lavoro coperto da contribuzione. Restano vive però le pensioni con le quote e per i lavoratori che rientrano in queste disposizioni, si può lasciare il lavoro con quota 98, purchè si siano versati 35 anni di contributi. Si tratta della vecchia quota 97,6, anche in questo caso inasprita dall’aspettativa di vita dal 2019, visto che serviranno 62 anni minimo di età e 35 di contributi con quorum a quota 98.