Rimandare l'uscita per la pensione potrebbe costare caro, fino a 340 euro di riduzione dell'assegno all'anno e per tutta la vita da pensionato. E' il sindacato Uil a fare i calcoli di quanto potrebbero rimetterci i futuri pensionati rimandando l'uscita anche di un mese: il primo passaggio riguarderà proprio il termine dell'anno 2018 e l'uscita nel 2019 con i nuovi requisiti per la pensione di vecchiaia a 67 anni e per la pensione anticipata con oltre 43 anni di contributi versati. Se la speranza di vita va ad incidere sui requisiti di uscita, il decurtamento delle Pensioni dipende dai nuovi coefficienti di trasformazioni in vigore per le pensioni contributive.

I nuovi parametri, calcolati sulla base dell'età in cui si va in pensione e sul montante dei contributi versati, sono stati approvati con decreto ministeriale del 15 maggio 2018. Grazie ai coefficienti di trasformazione si può calcolare anche quale sarà la pensione futura rispetto all'ultimo stipendio: ma questo indice, per i meccanismi di uscita con il sistema previdenziale contributivo, rappresenta al giorno d'oggi un dato puramente statistico.

Pensione anticipata e pensioni vecchiaia: cambio coefficienti trasformazione dal 2018 al 2019

Rimandare, pertanto, il pensionamento da dicembre prossimo a gennaio 2019, farà perdere all'anno fino a 340 euro di pensione. Più precisamente, 268 per chi esce all'età di 67 anni e 297 per chi smetterà di lavorare a 68 anni.

Andrà peggio per chi andrà in pensione a 69 anni (la perdita sarà di 319 euro all'anno) e per chi uscirà a 70 anni (decurtazione di 340 euro). Dunque, se da un lato si chiede ai contribuenti di rimanere di più a lavoro (anche in rapporto agli aumenti dei requisiti delle pensioni anticipate e di vecchiaia alla speranza di vita), dall'altro chi dovesse decidere di rimandare la pensione verrebbe scoraggiato dal farlo proprio a causa della regressione dei coefficienti di trasformazione.

E' questo l'allarme lanciato dal sindacato basandosi sulle decurtazioni delle pensioni incentrato su questo meccanismo che avrebbe, come vero effetto, quello di ridurre gli assegni di pensione.

Perdita assegni di pensione per chi rimanda uscita dal 2018 al 2019: il calcolo

Lo stesso sindacato fornisce alcuni esempi di quanto possano essere ridotte le pensioni rimandando le uscite.

Considerando che il 1° gennaio 2019 rappresenta una data cruciale per le pensioni anticipate e di vecchiaia, non solo per l'aumento di 5 mesi dell'età di uscita o dei contributi versati, ma anche per l'entrata in vigore dei nuovi coefficienti di trasformazione, su una pensione mensile lorda futura di 1.045 euro (frutto di un montante contributivo di 280 mila euro), rimandando l'uscita di un solo mese (da dicembre 2018 a gennaio 2019) si perderebbero 268 euro all'anno di pensione. E questa perdita si rifletterebbe su tutta la vita pensionistica del lavoratore. L'andamento risulta crescente per chi dovesse rimandare ulteriormente l'età di uscita, fino ad arrivare alla quota di 340 euro annui di taglio delle future pensioni per chi decidesse di "tirare a lavorare" fino a 70 anni.

Pensioni: si propende per uscita alla prima data utile

Calcoli alla mano, dunque, per il sindacato Uil occorre una riforma delle pensioni che vada ad intervenire su questo meccanismo che, già negli scorsi adeguamenti, aveva mostrato l'enorme differenza tra i lavoratori usciti prima del 2009 e quelli andati in pensione successivamente. Tra questi ultimi, inoltre, vi è una differenza di assegno che si manifesta in occasione di ogni aggiornamento dei coefficienti di trasformazione: le stesse considerazioni furono fatte anche per quelli scattati nel 2016. Pur aumentando in corrispondenza di un'età di uscita più elevata, i nuovi parametri risultano più bassi, a parità di età di uscita, rispetto a quelli del triennio precedente. Questo andamento sposta le decisione di uscita dei contribuenti a favore della prima data utile.