Nessuna marcia indietro, questo il ritornello che quotidianamente viene ribadito dagli esponenti del governo che devono rispondere agli appunti che Bruxelles e le agenzie di rating muovono alla manovra dell’esecutivo Conte. Una manovra che molti considerano un vero azzardo, che mette a rischio i conti pubblici ma che secondo i due Vice premier, Salvini e Di Maio, non subirà correzioni in base ai giudizi provenienti dall’estero. Ed è così che ormai è cosa certa la quota 100, la nuova misura previdenziale che dal 2019 si affiancherà alle normali Pensioni di vecchiaia e di anzianità oggi vigenti.

In attesa che dalla bozza di manovra licenziata dal Consiglio dei Ministri si passi al documento vero e proprio, cioè alla legge di Bilancio, iniziano le prime simulazioni su cosa andranno a percepire i lavoratori che riusciranno a sfruttare la misura.

Zero penalizzazioni ma assegni comunque ridotti

Come si andrà in pensione con quota 100? La misura rappresenta la novità pensionistica che il governo varerà per il 2019 e che secondo le dichiarazioni di soggetti vicini al dossier previdenziale, sarà il primo passo di una radicale riforma del sistema previdenziale con conseguente cancellazione della legge Fornero. Quota 100 a 62 anni, questa l’età minima per abbandonare il lavoro che offre la misura.

Oltre all’età verrà imposto il limite minimo di contributi previdenziali da detenere al momento dell’uscita dal lavoro che sarà di 38 anni. In pratica la quota 100 permetterà di lasciare il lavoro a chi ha 62 anni con 38 di contributi e quest’ultimo parametro andrà rispettato anche da chi ha 63 anni, 64 anni e così via fino ai 66.

Nessun altro vincolo oltre al doppio paletto anagrafico-contributivo verrà previsto. Niente ricalcolo con il sistema contributivo della pensione, niente penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia e niente limiti nei contributi figurativi da poter utilizzare per centrare i 38 anni necessari.

Questo non vuol dire però che l’assegno che i fruitori della misura, andranno a percepire, non sarà intaccato dal punto di vista degli importi. C’è parecchia discussione sui tagli di assegni che subiranno quelli che sceglieranno la quota 100, che ricordiamo, sarà misura opzionale, cioè sarà lasciata alla libera scelta del lavoratore, se utilizzarla per lasciare il lavoro e quando utilizzarla per anticipare l’uscita per la pensione. Tagli che secondo le prime simulazioni sarebbero superiori al 20%.

Le prime stime

Un articolo pubblicato dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” di oggi 22 ottobre fa chiarezza su questo importante aspetto della misura. Secondo una analisi di una importante agenzia di ricerca, “Tabula”, prima si riesce a sfruttare la quota 100, maggiore sarà la penalizzazione di assegno che si andrà a subire.

Un soggetto con stipendio intorno a 1.600 euro al mese, che opta per la quota 100 con massimo anticipo, cioè con 62 anni di età e 38 di contributi arriverebbe ad ottenere un assegno di circa il 21% ridotto rispetto a quello che dovrebbe percepire aspettando la pensione di vecchiaia a 67 anni. Anche coloro che sceglierebbero la quota 100 anticipandola di un solo anno, cioè a 66, non sarebbero esenti da perdite in termini di importo della pensione, anche se la decurtazione, sempre secondo le stime, in questo caso sarebbe “solo” dell’8%. Per coloro che invece hanno montanti contributivi elevati, cioè superiori ai 38 anni minimi richiesti, secondo i dati subirebbe un taglio del 14% se uscisse con 40 anni di contributi versati senza aspettare i 43 anni e 3 mesi che impone la pensione anticipata in regime Fornero.

Questo perché chi ha carriere contributive da 41 anni ed oltre, quelli cioè che si avvicinano alla pensione anticipata con 43 anni e 3 mesi di contribuiti, per ottenere una pensione equa rispetto a quanto versato durante la carriera lavorativa, dovrebbero aspettare almeno i 65 anni di età. Infatti nonostante le zero penalità che la misura avrà nel suo apparato normativo, ci sarebbe da fare i conti con gli anni di contributi in meno versati perché si anticipa l’uscita. Inoltre, prima si lascia il lavoro e peggiore è il coefficiente di trasformazione dei contributi versati in pensione. Infine, ci sarebbe da fare i conti con la rivalutazione del montante dei contributi versati che sarebbe inferiore per ogni anno di pensione anticipata