Arrivano le prime stime sulla convenienza di uscita con le Pensioni anticipate a quota 100. La Repubblica ipotizza che più si anticipa l'uscita con la misura che sarà inserita nella legge di Bilancio 2019 e meno si intascherà di pensione. Addirittura, la perdita dell'assegno mensile potrebbe arrivare fino al 20 per cento, essenzialmente per tre motivi: l'uscita anticipata determina un minore versamento di contributi, l'innalzamento della speranza di vita (anche se questo fattore dovrà essere verificato negli anni) e l'assenza di rivalutazione dei contributi al Prodotto interno lordo.

A pagarne maggiormente gli effetti negativi potrebbero essere i lavoratori in uscita anticipata nati tra il 1953 ed il 1957, ovvero la prima fascia di età prossima alla scelta tra l'attesa della pensione di vecchiaia, l'uscita con la pensione anticipata attraverso i vecchi requisiti della riforma Fornero o l'anticipo, fin dai 62 anni, con la quota 100.

Novità pensione anticipata a quota 100: tre possibili penalizzazioni su contributi e assegno

In ogni modo, la quota 100 aprirà il ventaglio delle possibilità di uscita con pensione anticipata per i contribuenti italiani. Il ritorno alle pensioni di anzianità con il meccanismo delle quote, tuttavia, potrebbe essere reso meno vantaggioso anche dal divieto del cumulo dei contributi.

Ma chi sceglierà la quota 100 per anticipare l'uscita al 2019 potrebbe dover rinunciare fino ad un quinto del mensile, e non per possibili penalizzazioni. Proprio i contributi versati saranno meno di quelli che potrebbero accumularsi con l'attesa della pensione di vecchiaia. Si va da un minimo del 2 per cento di perdita (per chi abbia 42 anni di contributi) fino ad un massimo del 20% (per chi ne abbia il minimo previsto dalla quota 100, ovvero 38 anni).

Ad obiezione di questa conclusione, comunque logica, c'è il fatto che i contribuenti abbiano messo in preventivo il minor monte dei contributi pur di andare in pensione senza attendere i 67 anni. E dopo aver accumulato già circa quarant'anni di lavoro. Un po' come succede alle lavoratrici che scelgano l'opzione donna (anche questa misura confermata nella legge di Stabilità 2019) che accettino una perdita di gran lunga maggiore per il ricalcolo dei contributi al sistema contributivo e, ovviamente, per il minor numero di anni di versamenti.

Ultime quota 100, opzione donna, Ape e blocco requisiti Fornero delle pensioni anticipate nel 2019

La riduzione dell'assegno dei lavoratori in uscita con le pensioni a quota 100 è determinata, però, anche dalla mancata rivalutazione dei contributi versati al Pil e dalla possibile speranza di vita in aumento nei prossimi anni. Proprio quest'ultimo fattore risulta poco incisivo nella scelta di uscita dei lavoratori. Si vive di più percependo lo stesso assegno di pensione: spalmandolo su più anni, la pensione media, nel tempo, risulta essere più bassa. Tuttavia, la riforma delle pensioni del Governo Conte e dei due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, prevederà altre formule di uscita, già sperimentate negli ultimi anni: l'opzione donna, con pensione già dai 57 anni e con 35 di contributi, e la conferma dell'Ape social.

Dunque, l'età di uscita media potrebbe abbassarsi a 62 anni (per la quota 100) e a 63 anni (per chi rientri nei vincoli dell'anticipo pensionistico Ape social, che andrà a coprire soprattutto le esigenze delle categorie svantaggiate). La spesa per lo Stato, in ogni modo, sarà rilevante: 7 miliardi nel 2019, 140 complessivamente nei prossimi 10 anni. Ma nella somma sono comprese anche l'opzione donna, l'Ape social e il mancato adeguamento alla speranza di vita delle pensioni anticipate della riforma Fornero. Ciò significa che, dal 2019, i requisiti per l'uscita anticipata rimarranno fermi ai 42 anni e 10 mesi di versamenti (le donne un anno in meno). In più, nella spesa statale, sono compresi i 3 miliardi, stimati come basilari, per le liquidazioni dei lavoratori del pubblico impiego, il 40 per cento circa dei contribuenti in uscita con quota 100.