Nel sistema previdenziale italiano sta per entrare una nuova misura pensionistica chiamata quota 100. Con un decreto ad hoc che il governo produrrà verso la fine di dicembre, stando alle ultime indiscrezioni, alle normali Pensioni di vecchiaia, anticipata, quota 41 e Ape sociale, ne nascerà un’altra. Si implementano le opzioni offerte ai lavoratori per andare in pensione, anche se quasi tutte prevedono numeri talmente elevati di contributi da renderle difficili da centrare. Lasciando da parte la pensione di vecchiaia a 67 anni, che prevede “solo” 20 anni di contribuzione da maturare, per le altre misure, vecchie e nuove, sarà necessario avere carriere lavorative con coperture previdenziali molto importanti.

Ecco cosa offrirà dal 2019 l’ordinamento previdenziale misura per misura.

La novità è quota 100

L’assoluta novità sarà come dicevamo la ormai largamente conosciuta quota 100. Con questo strumento si potrà lasciare il lavoro già a partire dai 62 anni di età, che è il paletto anagrafico minimo inserito nella bozza della misura. Al vincolo dell’età il governo ne ha aggiunto un altro relativo ai contributi, che è fissato a 38 anni. Servono in pratica ben 38 anni di carriera per poter accedere al beneficio dell’anticipo di pensione offerto dal provvedimento. Un vincolo che renderà quota 100 fruibile solo da chi ha 62 anni di età e naturalmente 38 di contributi. Evidente che per soggetti in età più avanzata si parla di quota 101, 102 e così via.

Carriere discontinue, lavoratori stagionali, donne e precari difficilmente potranno aver raggiunto i 38 anni di contributi che servono per la quiescenza con quota 100 e per loro non resterà che attendere i 67 anni utili alla pensione di vecchiaia.

Anzianità e quota 41

La prestazione distaccata dai limiti di età per antonomasia è la pensione anticipata.

Si tratta della vecchia pensione di anzianità, quella che si centra una volta raggiunto un certo numero di contributi a prescindere dall’età del lavoratore. Anche se il governo sembra intenzionato a varare uno stop all’aspettativa di vita, cioè al meccanismo che stabilisce i requisiti di accesso alle pensioni in base alla vita media degli italiani, il 2019 ad oggi segnerà un peggioramento per i lavoratori.

Da tempo è previsto un innalzamento di 5 mesi per via dei nuovi dati Istat sull’aspettativa di vita e nel 2019 oltre alla pensione di vecchiaia che salirà a 67 anni, anche le anticipate saliranno. La pensione anticipata per i maschi, arriverà alla soglia dei 43 anni e 3 mesi di contributi versati, mentre per le donne il limite sarà 42 anni e 3 mesi.

Anche la pensione con quota 41, quella ormai strutturale per precoci disagiati segnerà l’aumento a 41,5 mesi di contributi. Anche in questo caso senza vincoli anagrafici ma misura destinata solo a determinati invalidi, disoccupati, caregivers e lavoratori con mansioni gravose. Per tutti è necessario che almeno un anno di contributi dei 41,5 richiesti, anche non continuativi, sia stato versato prima del diciannovesimo anno di età.

Come dicevamo, per quasi tutte le misure servono montanti contributivi di un certo rilievo, anche per l’anticipata contributiva per le lavoratrici, cioè opzione donna. Il governo infatti sembra orientato a riattivare la misura sperimentata dai precedenti governi, consentendo l’anticipo della pensione per le donna già a 58 anni. La pensione verrà calcolata con il sistema contributivo, quindi molto penalizzata in termini di assegno. I contribuiti previdenziali, probabilmente senza poter utilizzare i figurativi, dovranno essere 35 anni.