Non è ancora terminata la diatriba sulla prosecuzione della quota 100 fino al termine della sperimentazione che già emerge il problema di coloro che ne risulteranno esclusi a partire dal 2022. Eppure è questa la storia che tende a ripetersi nell'attuale contesto della previdenza pubblica, laddove alla rigidità dei criteri ordinari di uscita dal lavoro si contrappongono provvedimenti ad hoc ed estemporanei, validi per un lasso limitato di tempo e per una platea altrettanto ristretta. Appare quindi chiaro che la questione dell'equità intergenerazionale e anche tra diversi lavoratori della medesima età torni periodicamente alla ribalta.

Riforma pensioni, il problema dello scalone di 5 anni alla fine del 2021

Stante la situazione generale appena descritta, lo stesso modello di funzionamento sembra purtroppo ripetersi anche per la tanto discussa quota 100. L'opzione consente l'accesso anticipato a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti a tutti coloro che accetteranno la non cumulabilità con altri redditi da lavoro dipendente o autonomo. Rimangono per il momento esclusi dal conteggio i redditi occasionali nella misura massima di 5mila euro l'anno. Ma anche qualora la quota 100 risultasse confermata nella sua interezza così com'è stata impostata dal precedente governo giallo-verde, resta il fatto che il meccanismo di prepensionamento risulterebbe valido solo fino al termine del 2021.

Senza ulteriori interventi, a partire dal 1° gennaio del 2022 si creerà quindi uno scalone di 5 anni rispetto a coloro che non sono riusciti a maturare la quiescenza in tempo.

La necessità di un'armonizzazione del post-quota 100

Ecco allora che la necessità di un'armonizzazione tra coloro che rientrano nella quota 100 e chi ne risulterebbe ingiustamente escluso rischia di riportare ancora una volta al centro del palcoscenico la mancanza di equità che caratterizza tutte le opzioni estemporanee di prepensionamento.

L'unico vantaggio per gli esclusi sarebbe infatti riconducibile in una pensione più pesante, derivante ovviamente dal maggior numero di versamenti. D'altra parte, una nuova "salvaguardia" per i lavoratori esclusi andrebbe ancora una volta a minare i sacrifici fatti da molti altri lavoratori al fine di mantenere in essere la sostenibilità del sistema pensionistico pubblico.

Ed allora, non sarebbe più conveniente ripensare la flessibilità previdenziale e le regole di accesso all'Inps in modo aperto, trasparente e soprattutto inclusivo per tutti i lavoratori e non solo per alcune parti della platea? Al legislatore spetterà trovare una risposta, sperando si riesca questa volta a produrre una soluzione che possa dirsi davvero definitiva.