L'ultimo anno di sperimentazione, il 2021, delle Pensioni a quota 100 mette fretta ai lavoratori 60enni, prossimi a lasciare il lavoro. Con la cancellazione della misura voluta da Matteo Salvini, a partire dal 1° gennaio 2022, potrebbero tanti i lavoratori arrivati ad accumulare 38 anni di contributi senza poter andare in pensione perché la misura previdenziale utilizzata da centinaia di migliaia di lavoratori per anticipare le regole della riforma Fornero non sarà più valida. Intanto, le incertezze dell'epidemia sanitaria, unite alla fine del blocco licenziamenti prevista per il 31 marzo 2021 soprattutto per i settori maggiormente colpiti dalle restrizioni, ma anche le difficoltà dei comparti pubblici più in sofferenza come la scuola e la sanità, potrebbero spingere fino a 700.000 lavoratori ad agganciare il meccanismo della quota 100 e altri strumenti previdenziali attualmente in vigore prima che possano essere richiesti requisiti di uscita più impegnativi con l'ipotesi della quota 102.
Pensioni anticipate da quota 100 del 2021 a quota 102 nel 2022: chi andrà in pensione
Un esodo di massa verso le pensioni anticipate che nel 2021 potrebbe accentuarsi rispetto al 2019, anno di introduzione della quota 100, facendo registrare fino a 150-200 mila nuove pensioni in più. A oggi si sa qualcosa in più dei lavoratori prossimi alla pensione nei mesi a venire: con 38 anni di contributi, e dunque con il requisito dei versamenti in regola per la quota 100, ci sarebbero innanzitutto i nati nell'anno 1959 che nel 2021 compiranno i 62 anni, ma anche i contribuenti tra la classe 1955 e 1958. In tutto 300.000 lavoratori pronti ad andare in pensione insieme agli altri contribuenti in uscita con le pensioni di vecchiaia a 67 anni e le altre formule di pensione anticipata confermate dalla legge di Bilancio 2021, tra le quali opzione donna, Ape social, isopensione e contratti di espansione, Ape social e precoci con quota 41.
Riforma pensioni 2021: ultime novità su quota 102, dal 2022 esclusi da quota 100 i nati dal 1959
Una riforma delle pensioni capace di coprire i buchi previdenziali della fine della quota 100 avrebbe dovuto prendere forma già nella legge di Bilancio 2021 appena approvata. Tuttavia, l'emergenza Covid ha fatto saltare la programmazione del governo durante tutto il 2020 e le commissioni istituite per la riforma e per lo studio delle professioni gravose, nonché i tavoli tecnici del governo stesso con i sindacati, ripartiranno solo nel nuovo anno.
Nel frattempo sono rimaste in piedi le ipotesi che si sono fatte negli ultimi mesi: la quota 100 dovrebbe elevarsi in quota 102, lasciando i 38 anni di contributi ma richiedendo 64 anni di età anziché 62. Conti alla mano, i primi a uscire con la nuova quota nel 2022 sarebbero i nati entro l'anno 1958, ragione per la quale nel 2021 i più interessati ad agganciare il colpo di coda della quota 100 saranno soprattutto i nati nel 1959.
Ma non è l'unica ipotesi sul tavolo del governo: in gioco rimane anche l'uscita flessibile a 63 anni con una penalizzazione dell'1-2% per ogni anno di anticipo fino alla pensione di vecchiaia dei 67 anni.
Riforma pensioni: in discussione nel 2021 le uscite anticipate di gravosi e usuranti
Ipotesi di riforma delle pensioni dal 2022 riguardano anche le professioni. La commissione istituita per lo studio delle mansioni gravose dovrà decidere se allargare il numero delle attuali 15 professioni comprese nell'allegato B della legge 205 del 2017 (legge di Bilancio 2018). Tra le altre professioni troviamo le maestre delle scuole dell'infanzia e gli educatori di asili nido, professioni gravose ma non usuranti, mentre sono esclusi tutti gli altri docenti dei restanti ordini e gradi.
Nella sanità sono riconosciute gravose solo le professioni infermieristiche e ostetriche organizzate su turni. La classificazione di "lavoro gravoso" permette di poter accedere alla pensione anticipata con 30 anni di contributi, stesso requisito minimo richiesto anche a chi è impiegato in mansioni usuranti. Una parte della riforma delle pensioni che prenderà forma nel 2021 sarà dedicata proprio alle uscite anticipate delle professioni che maggiormente necessitano di lasciare il lavoro prima delle altre categorie.