È ricco il capitolo delle questioni del lavoro che il possibile nuovo governo di Mario Draghi dovrà affrontare: i primi dossier, riportati dal quotidiano Il Sole 24 Ore, parlano di riforma del Reddito di cittadinanza, la misura cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, ma anche delle politiche attive sul lavoro e del nodo dei licenziamenti. Proprio sul fronte degli occupati, la prima scadenza è fissata al 31 marzo prossimo e riguarda la fine del blocco imposto alle imprese dopo oltre un anno di divieto. Le posizioni, al momento, sono abbastanza delineate con le imprese che chiedono di poter tornare ad avviare i processi di ristrutturazione aziendale e i sindacati a difendere il blocco dei licenziamenti oltre la scadenza di fine marzo per evitare tensioni sociali.

Questione, quest'ultima, che si integra con le modifiche al decreto "Dignità" sui contratti a tempo (i correttivi adottati finora si sono limitati a prorogare e a rinnovare le scadenze dei rapporti di lavoro ammorbidendone la rigidità delle causali) e con le ipotesi di allungamento della disoccupazione Naspi e della riforma degli ammortizzatori sociali.

Reddito di cittadinanza, riforma nelle politiche di ricerca del lavoro

Tra le ipotesi che contemplerebbero un ridimensionamento del Reddito di cittadinanza, la posizione del governo di Mario Draghi potrebbe essere piuttosto di riforma, almeno per la parte relativa alle possibilità di occupazione dello strumento. Il nuovo presidente del Consiglio potrebbe, probabilmente, applicare la sua massima che porta non tanto a tagliarne la spesa, quanto a verificarne l'efficacia e la qualità.

Le politiche attive sul lavoro a favore dei percettori del Reddito di cittadinanza finora non hanno prodotto i risultati sperati, mentre ha funzionato solo la parte assistenziale, il sostegno alle famiglie più povere. E, secondo il quotidiano diretto da Fabio Tamburini, dovrà essere anche chiarita la posizione dei circa 2.700 navigator con il contratto a tempo determinato siglato con Anpal in scadenza a fine aprile.

Un emendamento del M5S al decreto Milleproroghe di fine 2020 ne ha chiesto la proroga, ma rimane da capire se il nuovo governo intenderà proseguire su questa strada, soprattutto dopo le polemiche avutesi nelle ultime settimane.

Ristori 5 a partite Iva e autonomi, riforma ammortizzatori sociali e ricollocazione: le aspettative

Con il decreto "Ristori 5" in stand-by per la caduta del governo Conte 2 e l'incognita della destinazione dei 32 miliardi di euro agli autonomi, partite Iva, imprese e prolungamento della cassa integrazione per far fronte all'emergenza sanitaria, si ragiona in termini di ammortizzatori sociali e di rafforzamento della Naspi. La bozza finora elaborata dagli esperti del ministero del Lavoro presieduto da Nunzia Catalfo ha prodotto un investimento stimato in 20 miliardi di euro nella fase di apertura, per scendere a dieci a regime. Da diverse parti, però, si sottolinea che la riforma degli ammortizzatori sociali andrebbe a pesare sulle imprese, già indebolite dall'emergenza sanitaria.

Tuttavia nella direzione dell'investimento vanno le politiche attive, almeno per la ricerca di un nuovo lavoro dei disoccupati. Attualmente, la normativa prevede un sistema integrato tra pubblico e privato per la presa in carico dei disoccupati nella ricerca occupazionale. Lo strumento chiave sarà l'assegno di ricollocazione esteso, già oggetto di stanziamento di risorse nella legge di Bilancio 2021 con 263 milioni di euro per il ricollocamento dei lavoratori. Tuttavia, nella riorganizzazione delle politiche attive, le agenzie per il lavoro chiedono un maggior peso essendo, nei numeri, più performanti dei contri pubblici per l'impiego.