Qual è il taglio delle pensioni per le uscite a 62 anni di età? Il requisito anagrafico rappresenta la base del raffronto tra una misura attualmente in vigore, il contratto di espansione - ulteriormente rafforzato con il recente decreto Sostegni bis - e la proposta di Tridico dell'Inps di uscita flessibile a 62 anni in presenza di 20 anni minimi di contributi. In entrambi i casi, l'assegno mensile subisce una decurtazione più o meno marcata, soprattutto per gli anni che separano l'uscita effettiva alla pensione di vecchiaia. E si può arrivare a un taglio del -41% di assegno di pensione mensile e a oltre la metà dello stipendio attuale, almeno fino al compimento dei 67 anni.

Pensioni dopo quota 100 dal 2022: anticipo uscita a 62 anni o con 37 anni e 10 mesi di contributi

Le stime sui tagli alle Pensioni con uscita a 62 anni sono state calcolate dall'Istituto Progetica che ha preso in esame la situazione dei lavoratori nati nel 1960, tagliati fuori dal 1° gennaio 2022 dalla possibilità di uscita con quota 100, che abbiano iniziato a lavorare nel 1985 e che abbiano un reddito attuale di 1.800 euro mensili netti. La prospettiva di base, in assenza di ulteriori misure da parte del governo per le uscite anticipate, è quella di attendere la pensione di vecchiaia presumibilmente all'età di 67 anni e due mesi, considerando l'adeguamento dei requisiti alla speranza di vita dei prossimi anni.

In questo scenario, la pensione di vecchiaia assicurerebbe un mensile pari a 1.434 euro per 13 mensilità.

L'ipotesi di anticipo della pensione attualmente percorribile per un lavoratore di 62 anni è quella del contratto di espansione che permette, a chi si trovi a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia, di poter uscire prima risparmiando fino a 60 mesi di lavoro.

Il lavoratore classe 1960, se dovesse aderire alla proposta di scivolo pensionistico dell'azienda, incasserebbe fin da subito un'indennità di 1.118 euro netti mensili, con una perdita del 22% (meno 10-15% a partire dalla vecchiaia) sull'assegno calcolato a 67 anni di età (1.434 euro).

Pensioni, quanto si perde con lo scivolo: con l'anticipata contributiva due anni di Naspi

Al compimento dell'età necessaria per la pensione di vecchiaia, il lavoratore smetterebbe di percepire l'indennità del contratto di espansione per ricevere l'assegno previdenziale. Il ricalcolo porterebbe a una pensione netta di 1.253 euro, come nell'ipotesi fatta da Tridico, ma in entrambi i casi solo a partire dai 67 anni e due mesi di età. La differenza di valore della pensione netta con anticipo di 5 anni rispetto al lavorare fino ai 67 anni della vecchiaia dipende dal fatto che mancano i contributi degli anni di prepensionamento. L'azienda, infatti, non è obbligata a versarli nel caso del contratto di espansione a meno che non si punti ad anticipare rispetto alla pensione anticipata.

In tal caso, l'anticipo sui versamenti permette di uscire con 37 anni e 10 mesi (anziché 42 anni e 10 mesi) e due anni di contributi sono coperti dal sussidio di disoccupazione Naspi.

Pensioni flessibili, proposta Inps: uscita a 62 anni ma con perdita di assegno mensile

L'ipotesi lanciata dal presidente dell'Inps Pasquale Tridico sulle pensioni a 62 anni potrebbe rappresentare una formula di flessibilità che troverebbe d'accordo i sindacati, ma da pagare a caro prezzo. Infatti, i lavoratori nati nel 1960 che prendessero in considerazione questa proposta, si troverebbero nella situazione di percepire da subito un mensile di 847 euro netti per tutto il periodo del prepensionamento, con una perdita del 41% rispetto a quanto percepirebbero lavorando fino a 67 anni.

Solo alla maturazione della pensione di vecchiaia recupererebbero circa 400 euro (pensione di 1.253 euro per tutta la restante vita pensionistica), con una perdita che si ridurrebbe al 13% per sempre. La differenza tra 1.454 euro e 1.253 euro è calcolata sui 5 anni in meno di contributi versati percorrendo la via di uscita flessibile.