Il governo è già a lavoro per la riforma delle Pensioni del 2023 e per il superamento della rigidità della legge Fornero. Il percorso tracciato dai tecnici di Draghi porterebbero a una maggiore flessibilità in uscita a partire dai 64 anni, la stessa età richiesta nel 2022 per la sperimentazione della quota 102 che ha preso il posto di quota 100. Il cantiere delle pensioni si è aperto nella giornata del 12 gennaio con il primo tavolo al governo del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e quello dell'Economia, Daniele Franco, alla presenza dei sindacati.
Il dialogo di ieri ha portato a programmare i lavori delle prossime settimane per arrivare a definire una riforma organica delle pensioni entro la presentazione del Documento di Economia e Finanza (Def). Il prossimo tavolo è fissato per il 20 gennaio e inizierà dalle tutele previdenziali dei giovani e delle donne, con una prima verifica politica fissata per il 7 febbraio.
Riforma pensioni giovani e donne: l'atteso tavolo su pensioni di garanzia e previdenza integrativa
Soddisfatto il ministro del Lavoro Andrea Orlando dopo il primo tavolo sulla riforma delle pensioni del 12 gennaio. "Questo primo incontro è la prosecuzione del lavoro che abbiamo impostato con il metodo del dialogo sociale e che deve portare in tempi relativamente brevi a interventi di riforma", ha spiegato il ministro a margine dell'incontro.
Nel prossimo tavolo del 20 gennaio la discussione è stata già programmata sulle pensioni dei giovani e delle donne, un percorso intermedio che porterà a quello più atteso della flessibilità in uscita. Sui giovani la questione riguarda soprattutto le condizioni lavorative, spesso frutto di carriere frammentate da periodi di discontinuità.
L'idea è quella di coprire quanto perso in termini di contributi per le interruzioni lavorative con la pensione di garanzia giovani e con una riforma della previdenza integrativa.
Pensioni, la Cgil conferma la volontà di riforma in senso contributivo di uscita anticipata
Sull'incontro di ieri la Cgil si è mostrata moderatamente fiduciosa sul proseguo di un percorso di riforma delle pensioni che porti alla flessibilità in uscita dal lavoro dei lavoratori.
Per il segretario confederale Roberto Ghiselli l'apertura dei tavoli è stata "utile anche se interlocutoria". È importante - ha dichiarato Ghiselli - che il governo abbia confermato l'intenzione di confrontarsi con l'obiettivo di arrivare ad una riforma previdenziale che dia stabilità al sistema e che cambi l'attuale impianto, nell'ambito di un percorso che conferma l'approdo ad un sistema contributivo"
Pensioni anticipate riforma 2023, le ipotesi di uscita flessibile dai 64 anni di età
L'obiettivo di arrivare a una riforma strutturale delle pensioni prima della presentazione del Documento di Economia e Finanza di aprile prossimo dovrà superare le differenti posizioni in merito alle misure da intraprendere.
La flessibilità intesa dai sindacati prevede il pensionamento anticipato già a partire dai 62 anni di età. Le sigle, inoltre, sarebbero d'accordo sulla quota 41, ovvero l'uscita con 41 anni di contributi per tutti senza tener conto dell'età anagrafica. La realizzazione della quota 41 per tutti, tuttavia, richiederebbe un'attenta verifica della platea dei pensionati che potrebbero agganciare questa misura. Attualmente, tra i prossimi all'uscita con quota 41 non vi sarebbero, per ovvie ragioni anagrafiche, i lavoratori del solo sistema contributivo puro. Il bacino sarebbe costituito prettamente da lavoratori del retributivo o del misto retributivo-contributivo, con conseguente aumento dell'esborso della spesa previdenziale pubblica.
Riforma pensioni, Draghi parte dall'età di uscita a 64 anni, anche per i lavoratori del misto-retributivo
Il punto di partenza del governo nella ricerca di una soluzione condivisa sulla riforma delle pensioni del 2023 in senso flessibile sarebbe l'età anagrafica. Le proposte dei tecnici di Draghi convergerebbero sui 64 anni, età già fissata per la nuova quota 102 (unitamente a 38 anni di contributi) da sperimentare interamente nel 2022. Alla stessa età di 64 anni è già prevista la pensione anticipata (con 20 anni di contributi) dei lavoratori ricadenti interamente nel sistema contributivo (con versamenti a partire dal 1° gennaio 1996). L'equiparazione dell'età di uscita a 64 anni dei lavoratori del sistema misto e retributivo allo stesso requisito anagrafico del sistema contributivo comporterebbe la perdita di vantaggio contributiva acquisita negli anni pre-1996, soprattutto per i lavoratori precoci.