Cosa potrebbe cambiare con il nuovo governo di Giorgia Meloni per il reddito di cittadinanza? L'indennità, stando alle parole del nuovo presidente del Consiglio, sarebbe a rischio per chi la percepisce e potrebbe lavorare. Il concetto è stato ribadito da Giorgia Meloni nel discorso pronunciato in Aula a Montecitorio nella mattinata dello scorso 25 ottobre.
"Ai pensionati in difficoltà e agli invalidi non sarà negato il doveroso aiuto dello Stato. Per gli altri - ha detto il presidente del Consiglio - per chi è in grado di lavorare, la soluzione non è il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l'accompagnamento al lavoro".
È a rischio, dunque, l'assegno di centinaia di migliaia di percettori del reddito, per lo più di giovani nelle condizioni di poter lavorare.
Reddito di cittadinanza, sicuri di non perderlo solo i percettori di pensioni e chi è in situazione di non poter lavorare
Dalle parole ai fatti, dunque, le premesse emerse già in campagna elettorale sul reddito di cittadinanza si tramuteranno in azioni - soprattutto in politiche attive sul lavoro - che impediranno nei prossimi anni ai percettori di avere un "assegno perpetuo" senza lavorare o formarsi per lavorare. L'intenzione di Giorgia Meloni è quella di introdurre paletti e obblighi per "spronare" i percettori del RdC ad attivarsi per inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro.
Per chi non può lavorare per condizioni fisiche, o magari per chi percepisce già la pensione di cittadinanza, ci sarà un maggiore coinvolgimento degli enti locali, più consapevoli delle situazioni di necessità e di disagio perché più presenti capillarmente sul territorio. Il contrasto è chiaro: si va dalla lotta ai "furbetti" del reddito di cittadinanza (anche per chi non ha i requisiti per ottenere il sussidio) alle maggiori opportunità di mettersi a lavorare, come ha spiegato Claudio Durigon qualche giorno fa: "Vogliamo un reddito che dia sostegno a chi è nelle fasce di maggiore difficoltà e non può lavorare.
Invece - continua il responsabile del Lavoro della Lega - la misura dovrà essere più spronante per chi può lavorare".
Reddito di cittadinanza, chi rischia davvero di perderlo?
La migliore fotografia della situazione dei percettori del reddito di cittadinanza in Italia e di chi rischia di perderlo è dettata dal report dell'Anpal di fine giugno 2022.
A percepire il reddito in Italia sono 2,3 milioni di cittadini per un totale di un milione di famiglie. Di questi, 920mila sono componenti di famiglie o famiglie a sé che sono considerati in grado di lavorare. Sono questi percettori, dunque, i principali destinatari delle nuove politiche attive che il governo metterà in campo per ridurre la platea dei beneficiari del RdC. Intanto, il nuovo ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderoni, ha convocato per il prossimo 4 novembre il primo tavolo con i sindacati e le parti sociali per le riforme in ambito di lavoro. Il confronto avverrà sulle pensioni e sulle ipotesi di riforma in uscita ma anche sui salari e, come spiegato dal ministro, sui temi ai quali il governo "non si sottrarrà", mettendoli in sequenza.
Tra le riforme lavorative si attende quella relativa ai centri per l'impiego, con un rafforzamento delle Agenzie per il lavoro, meglio inquadrate nel rendere più efficienti gli incroci tra domande e offerte di lavoro.
Reddito di cittadinanza e politiche attive sul lavoro: l'obbligo di formarsi
In questo quadro, appare evidente che i percettori del reddito di cittadinanza dovranno mettersi a disposizione per riqualificarsi, pena la perdita del sussidio. Dai dati Anpal, infatti, in 660mila dovevano essere presi già in carico dai centri per l'impiego, ma solo in 280mila hanno stipulato il Patto per il lavoro che prevede azioni mirate a migliorare le competenze e le professionalità di chi percepisce il reddito di cittadinanza.
La platea dei 920mila, in ogni modo, è poco appetibile per le imprese.
Nel consueto mensile Osservatorio dell'Anpal in collaborazione con Unioncamere, molti dei profili e dei posti di lavoro ricercati dalle imprese rimangono vacanti per mancanza di skill dei candidati. Chi prende il reddito è spesso licenziato alle scuole medie (il 70,8%), mentre circa il 25% è diplomato alle superiori: numeri che rafforzano le previsioni di un maggiore intervento formativo dei percettori dell'indennità.