Pensioni e superamento della riforma Fornero, Reddito di cittadinanza, bonus e superbonus edilizi: sono questi i punti caldi del programma economico e lavorativo del nuovo governo di Meloni, temi toccati dal neo-presidente del Consiglio dei ministri nella giornata di oggi, 25 ottobre, nel discorso in vista del voto di fiducia alla Camera. Ma per le Pensioni si tratterà di una riforma "a metà", se è vero che nella nuova quota 41 ci sarà il paletto della soglia di età minima e non sarà un'uscita "senza se e senza ma", come chiedevano Matteo Salvini, i sindacati e soprattutto i lavoratori, penalizzati dai vincoli economici, contributivi e sociali dell'Ape sociale degli ultimi anni.
A cambiare sarà anche la struttura del Reddito di cittadinanza, con uno "sprono" per chi può lavorare, come sollecitato da Claudio Durigon della Lega. Partita tutta aperta per il futuro dei bonus e superbonus edilizi: il 110%, in particolare, potrebbe essere interessato da almeno un intervento di riforma, sicuramente al ribasso in termini di detrazione fiscale.
Pensioni, superamento riforma Fornero dal 2023: nuova uscita a quota 41 e proroga Ape sociale e opzione donna
Non sarà, probabilmente, l'unico parametro per le pensioni del 2023 l'aver accumulato 41 anni di contributi e poter uscire senza ulteriori vincoli: nella nuova quota 41 che il nuovo governo si appresta a studiare nella legge di Bilancio di fine anno dovrebbe essere inserito un parametro legato all'età di uscita, un minimo che dovrebbe partire dai 61 anni, andando in questo modo a ridurre la platea degli interessati alla misura.
Il paletto verrebbe inserito per diminuire le spese a carico dello Stato: senza limiti minimi di età, la misura andrebbe a costare 4 miliardi di euro per le uscite da lavoro del solo 2023, riducendo la platea si potrebbe arrivare a una spesa tra i 600 e gli 850 milioni di euro (c'è anche l'ipotesi che l'età minima venga fissata a 62 anni).
Insieme a quota 41, per completare la rosa delle eccezioni alla riforma Fornero - che rimarrebbe con la pensione anticipata a circa 43 anni di contributi e a 67 anni per la vecchiaia - il governo potrebbe confermare per il 2023 l'Ape sociale e l'opzione donna.
Reddito di cittadinanza, tra le novità attese nel 2023 le politiche attive per chi può lavorare
Oltre alle pensioni, novità consistenti sono previste sul Reddito di cittadinanza. Anche nella giornata di oggi, Giorgia Meloni ha definito la misura "una sconfitta" sul piano delle politiche attive di ricerca del lavoro. Claudio Durigon, invece, ha messo in guardia soprattutto i più giovani de disfacimento dell'equazione che ha finora regolato la misura, ovvero del Reddito di cittadinanza come "assegno perpetuo". I nuovi meccanismi che il governo si appresta a studiare conterranno paletti e obblighi per "spronare" i percettori di RdC ad attivarsi per trovare un lavoro. Al raggiungimento di questo obiettivo dovranno concorrere, probabilmente, le agenzie per il lavoro, che sarebbero capaci di riuscire a conciliare maggiormente domanda e offerta di lavoro rispetto alle strutture pubbliche e ai navigator.
"Chi può lavorare non potrà più stare in poltrona e continuare a beneficiare dell'assegna", ha sintetizzato Durigon, riproponendo anche il pensiero del neo-ministro del Lavoro, Marina Calderone che vorrebbe separare le misure del sostegno economico da quelle propriamente lavorative.
Gli enti locali, in primis i Comuni, saranno maggiormente coinvolti per assicurare che le famiglie con le maggiori difficoltà economiche possano continuare ad avere un sussidio, ma per i giovani la ricerca attiva e la formazione dovranno funzionare diversamente.
La migliore fotografia della riforma in arrivo è sintetizzata dal dossier sul RdC dell'Anpal: su 2,3 milioni di beneficiari del Reddito (per un numero pari a 1 milione di famiglie), in 920mila sarebbero nelle condizioni di poter lavorare.
Bonus, potrebbe arrivare la riduzione della detrazione del superbonus 110% dal 1° gennaio 2023
Infine, tema caldo dello scorso e del nuovo governo insieme alle pensioni sarà quello legato ai bonus edilizi e al superbonus 110%. Nella legge di Bilancio 2022 era stata già messa a regime la decurtazione delle percentuali di detrazione fiscale per alcune delle misure interessate (ad esempio, il bonus facciate passato dal 90% del 2021 al 60% del 2022, allo stop infine dal 1° gennaio 2023). La questione conti pubblici riguarda soprattutto gli sforamenti del superbonus 110%: chi tiene i conti al ministero dell'Economia quantifica detrazioni fiscali del superbonus pari a 51,2 miliardi al 30 settembre 2022.
Tuttavia i saldi di finanza pubblica prevedono 33,3 miliardi di spesa alla fine del 2036. Cifra che evidentemente non basterebbe a tenere in piedi la misura. Due allora sono le novità che si attendono dal nuovo governo di Meloni, congiuntamente o alternativamente. La prima consisterebbe in un rifinanziamento del bonus che tenga conto, in ogni modo, degli effetti in termini di inflazione che si stanno verificando nell'edilizia per il beneficio dei corposi finanziamenti immessi nel settore negli ultimi anni. La seconda novità riguarderebbe una revisione al ribasso delle aliquote di detrazione fiscale. In campagna elettorale, i partiti della nuova maggioranza parlavano di riduzione del 110% all'80% per gli interventi relativi alla prima casa e al 65% o 50% per tutte le altre tipologie di abitazioni.