Non è servito il licenziamento di 10.000 dipendenti per salvare Hertz dal fallimento. Il mancato pagamento dei debiti ha, infatti, costretto i creditori a richiedere energicamente la bancarotta della compagnia di noleggio auto. Per ora, la procedura riguarda solo le sue operazioni negli Stati Uniti e in Canada.
Un debito insostenibile alla base del fallimento di Hertz
Nell'ultimo mese la società ha cercato di tenere duro al fine di poter sopravvivere alla crisi economica scatenata dal Coronavirus. Oltre al licenziamento di un terzo dei suoi dipendenti e alla vendita di 30.000 veicoli, la compagnia di noleggio ha dovuto fare anche i conti anche con le dimissioni, durante i primi giorni di maggio, dell'amministratore delegato Kathryn Marinello, sostituita da Paul Stone, ex capo delle attività commerciali del gruppo per il Nord America, divenuto così il quinto CEO ad essere nominato dal 2014 ad oggi.
La nomina di Stone sembrava esser stata accolta positivamente, nei giorni scorsi, dai mercati finanziari e dagli stessi creditori che avevano acconsentito a estendere il pagamento dei debiti contratti dalla società con sede in Florida fino alla giornata di ieri. L'azienda, tuttavia, non è riuscita a mantenere fede alle sue promesse, andando incontro ad un inevitabile fallimento.
A causare la crisi della società di noleggio più antica del mondo sono stati soprattutto i debiti, pari a 17 miliardi, maturati nel corso di questi anni. A inizio anno, l'incremento del 6% sui ricavi aveva portato l'azienda a credere ad una rinascita, subito arrestatasi con l'avvento del Coronavirus che ha provato alla chiusura forzosa degli store, molti dei quali situati all'interno degli aeroporti.
Nonostante l'acquisto di nuovi veicoli, nei mesi scorsi, sia stato interrotto, l'elevato numero di quelli fermi, già presenti nei parcheggi, ha reso impossibile il pagamento alla banche e ai fornitori dei 400 milioni previsti ad aprile.
Hertz si affida al "Chapter 11"
È, dunque, da oggi ufficiale la dichiarazione di bancarotta da parte della società americana.
L'azienda, che era riuscita a sopravvivere anche alla Grande Depressione e alle due guerre mondiali, stavolta non ha potuto fare a meno di affidarsi al "Chapter 11". Il "Capitolo 11" è un dispositivo che viene concesso, negli Stati Uniti, alle aziende aventi gravi dissesti finanziari, al fine di tenerle al riparo dai creditori durante il processo di ristrutturazione.
Ciò significa che il gruppo, proprietario anche dei marchi Dollar, Thrifty e Firefly, continuerà ad operare nel proprio settore. Va, inoltre, specificato che il ricorso al "Capitolo 11" esclude le principali regioni internazionali dove opera l'azienda: Europa, Australia e Nuova Zelanda. Per quest'ultime bisognerà ancora attendere prima di conoscere i piani di ristrutturazione.