Esiste, quando si mette in scena una commedia come "Non ti pago" di Eduardo, un problema del già visto, già conosciuto, già interpretato. I tre atti risalgono al 1940 e soprattutto c'è il film di Bragaglia con Eduardo, Peppino, Titina, De Rege e Stoppa che è inarrivabile nell'immaginario visivo. Così quando abbiamo visto al Supercinema stabiese del patron Natale Montillo la nuova versione di "Non ti pago" con la compagnia di Luca De Filippo - nell'ambito della rassegna di prosa curata dal direttore artistico Lello Radice - eravamo curiosi di vedere "l'effetto che fa".

Risultato: un grandissimo Gianfelice Imparato, Genius loci, che, con un interpretazione frenetica e charlottiana, ha ben reso i tormenti di Don Ferdinando Quagliulo nei panni del titolare di un Banco del Lotto che ha il problema di avere un impiegato Mario Bartolini più fortunato e ricettivo oniricamente di lui. L'unica a reggere il confronto con il guitto stabiese è Carolina Rosi, (Concetta, moglie bisbetica di Quagliulo).

Le musiche di Nicola Piovani nobilitano tutti. La storia di "Non ti pago" è nota a tutti: Don Saverio, il padre di Don Ferdinando, titolare di un Bancolotto, viene in sogno ad un suo impiegato Mario Bartolini che si trovava in affitto nella vecchia casa del suo titolare. Ferdinando si sente defraudato e Bartolini gli è inviso non solo per la sfacciata fortuna nel giuoco, ma anche perché se la intende con sua figlia Stella.

Il biglietto vincente ritenuto illecitamente da Quagliulo diventa l'oggetto del contendere che tiene insieme una dignità individuale che si intende violata, la Legge ed il parere della Chiesa. L'anatema di Ferdinando fa girare le sorti della querelle che ha un finale a sorpresa che salva capra e cavoli, e dignità individuali e sociali.

Il testo di Eduardo è composto da un bellissimo dialetto popolare pieno di invenzioni e boutade e di metafore profondamente popolari. Si capisce perché il dirigente Rai Andrea Camilleri fu il primo a volere Eduardo De Filippo alla Tv.