La Crimea con quasi il 97% di preferenze decide di tornare in seno alla Russia e staccarsi definitivamente dall'Ucraina. In realtà la conformazione territoriale l'aiuta in questo, visto che è una penisola con poco più di 6 km di terra che la legano all'Ucraina, ma al di là di questo il legame con la Russia è determinato soprattutto dalla storia e dalla cultura. Non bisogna dimenticare che la sua annessione all'Ucraina avvenne in maniera arbitraria da parte dal presidente dell'allora Urss Cruscev nel 1954 e da allora nessuno ha mai parlato di illegalità.

Allora perché proprio ora che si è svolto un referendum sotto ogni parvenza svoltosi democraticamente nel quale su circa 2 milioni di abitanti l'alta affluenza alle urne ha determinato la vittoria dei filo russi, i Paesi occidentali si oppongono, disconoscendone la legittimità?

È ovvio che non è una questione di principio, bensì di potere. È risaputo, infatti, che il presidente russo Putin miri a ricostituire il predominio del suo Paese e faccia di tutto per dimostrare la sua supremazia, come è stato evidente nelle recenti Olimpiadi invernali di Sochi, un successo sotto ogni aspetto. Oltre a ciò, naturalmente c'è anche una questione economica e militare.

La Crimea è l'unico sbocco che la Russia ha per giungere al Mar Mediterraneo attraverso il Mar Nero.

Ed è qui che ha posizionato le sue flotte e da qui che esercita il suo controllo verso il sud del continente. Non per niente per usufruire di questa opportunità erano stati sanciti dei contratti molto vantaggiosi, oggi eliminati, per l'Ucraina per ottenere ad un prezzo di favore il gas.

Gli Stati Uniti con il presidente Obama hanno alzato la voce e minacciato sanzioni al pari dei suoi colleghi europei, la Germania e la Francia su tutti.

Putin ha ribadito le sue ragioni. Lo stesso ex presidente russo Gorbaciov, sostenendo le ragioni del popolo della Crimea e quelle di Putin, ha plaudito a questo referendum, dichiarando come si sia posto fine ad un errore del passato.

Nessuno vuole fare un passo indietro né tanto meno avanti, il che vorrebbe dire guerra, a cui nessuno vuole giungere.

La preoccupazione generale è che la situazione possa degenerare soprattutto per l'insistenza dell'Ucraina ad intervenire contro quella che considera un'aggressione. In realtà la sua richiesta di aiuto sembra nascondere piuttosto la paura che altre zone del Paese, come la parte sud est e la regione di Donetsk si possano staccare ed avvicinarsi alla Russia alla quale si sentono più vicine per cultura e tradizione. Queste zone sono le più urbanizzate e ricche di materie prime, come il carbone, la cui produzione nella regione di Donetsk da sola copre il 20% dell'intero stato ucraino, l'industria siderurgica e militare, aeronautica e spaziale.

Per disinnescare pericolosi focolai, perciò, sarebbe meglio rispettare il voto popolare, perché fino a prova contraria si tratta di questo senza prove di evidenti pressioni o brogli ed evitare così inutili attriti con Putin.

Il voler imporre da parte degli occidentali pretese su territori per tradizione di appartenenza alla sfera russa è sbagliato secondo il parere di autorevoli esperti, meglio sarebbe ricondurre il tutto a canali più consoni o non mettersi in mezzo in questioni che riguardano solo i Paesi dell'est. Non sarebbe la prima volta che l'Occidente guarda dall'altra parte, come è capitato in situazioni ben più critiche alla presenza anche di morti, come in Siria e questo, almeno per il momento, non sembra il caso.

Le sanzioni, la minaccia di boicottare il prossimo G8 previsto a Sochi, sono solo elementi che non fanno che alimentare inutili contrasti e la storia insegna, che da situazioni del genere non nasce mai nulla di buono.