A settembre il Governo Renzi darà la sua accelerata sul Jobs Act: fino a poco tempo fa l'argomento lavoro doveva essere affrontato solo nella prossima primavera, ma i recenti dati sulla disoccupazione al 12,6% (ben 3 milioni e 200 mila persone senza lavoro, il 43% costituito da giovani), ha posto tra le priorità dell'esecutivo alla ripresa dopo la pausa estiva, l'approvazione dei decreti delegati entro la fine del 2014, completando nel primo trimestre del 2015 la riforma del lavoro. E' il quotidiano "Il Messaggero" a rivelare i piani del Governo per abbassare quel tasso tanto imbarazzante di fronte a Bruxelles: è necessario un cambiamento profondo, un segnale forte capace di dare una scossa e liberare l'Italia dalla recessione.

Il piatto forte sul quale il Premier Matteo Renzi punterà sarà il contratto a tutele crescenti. Ai neo assunti verrà congelato l'articolo 18 per tre anni. Una misura che verrà presentata come necessaria (come la riforma del Senato), ma che certamente farà discutere, e tanto, la politica italiana: innanzitutto all'interno dello stesso Partito democratico una buona parte dei deputati si dissocerà.

In quanto al merito di una tale misura, possiamo prevederne già gli effetti: i disoccupati che avranno più fortuna avranno, nella migliore delle ipotesi, un lavoro e per tre anni saranno sotto schiaffo del datore di lavoro che potrà licenziarli in qualunque momento senza dover dare una motivazione e senza una "giusta causa".

Un turnover che porterà i precari a tornare ad essere disoccupati e i disoccupati a salire il gradino della precarietà. E viceversa nel tempo. Anche l'ultimo dei "choosy" si renderebbe conto che, nella più rosea delle ipotesi, potrebbe arrivare al termine dei tre anni, non vedendosi poi rinnovare il contratto a tempo indeterminato perché sicuramente una norma del genere conterrà una scappatoia per l'impresa.

Scappatoia che, una volta superato il periodo di prova di 6 mesi, impone al datore di rispettare solo il periodo di preavviso per allontanare il lavoratore. Un puntiglio che farà perdere del tempo a Montecitorio per una misura che non darà alcuna boccata d'ossigeno all'occupazione. Lo dicono gli stessi imprenditori italiani per i quali le priorità sono l'abbattimento della burocrazia, il dimezzamento delle tasse, l'ottenimento di capitali dalle banche.

Di oppressione da articolo 18 non se n'è mai parlato. La riforma contiene anche la riduzione dei contributi: l'imprenditore spenderà la metà di quanto investe adesso per un lavoratore dipendente a tempo indeterminato e un terzo in meno rispetto a un dipendente a tempo determinato. E le tipologie contrattuali non saranno più così numerose: dalle 40 attuali, ne resisteranno pochi: quelli a tempo indeterminato e a tutela crescente, tempo determinato, apprendistato, somministrazione. Nulla si sa, al momento, su cosa si farà per i co.co.co., i co.co.pro e la miriade di false partite Iva.