Nel lontano 1992 il nostro Paese si dotava di una legge a tutela della disabilità. Si prendeva atto, con essa, del diritto di tutti i cittadini, incluse le persone affette da disabilità psico-fisiche, ad una vita autonoma e dignitosa. Molti pensano che la disabilità sia una questione di esclusivo appannaggio di chi ne è affetto e delle loro famiglie, tuttavia questo atteggiamento denota solo miopia e ristrettezza di orizzonti. Viviamo in una società in cui l'età media si sta progressivamente allungando, di conseguenza le persone che superano la soglia degli ottant'anni sono sempre di più.

Gran parte di queste persone, fortunatamente, godono di buona Salute, tuttavia è inevitabile che, con gli anni, possa aumentare la probabilità di incappare in qualche acciacco. Così, soprattutto nella popolazione anziana, ma anche in relazione alle principali patologie neurodegenerative o di altra eziologia, sono numerose le persone che devono fare i conti con disabilità piccole o grandi. Nondimeno pare che non si voglia affrontare tale realtà con la dovuta risolutezza. La legge 104 ha certamente affrontato tanti nodi sino a quel momento elusi, ma essa stenta a trovare una piena e totale applicazione. Sono tante le città o anche i comuni, ma anche semplicemente gli edifici pubblici o i condomini, che si ostinano a non rimuovere le barriere architettoniche.

Si tratta di un fatto molto grave perché impedisce ai diversamente abili di poter condurre una vita autonoma e serena. A volte cerco di immaginare quale senso di rabbia e di frustrazione possa provare una persona costretta a chiedere aiuto per salire su un mezzo pubblico, per raggiungere un ufficio comunale o un ospedale, o anche semplicemente uno stadio o un cinema per rilassarsi.

Certo, tanto si è fatto, sarebbe ingeneroso negarlo, tuttavia l'obiettivo principale dovrebbe essere il conseguimento di una reale parità di condizioni tra diversamente abili e non. D'altronde, la sensazione è che i soldi per fare tante cose inutili spesso si riescono a trovare e, invece, talora occorre attendere anni per addivenire all'installazione di un ascensore, di una pedana o per l'acquisto di un autobus dotato degli accorgimenti tecnici necessari alla salita e discesa di una persona in carrozzella.

Per non parlare di patologie gravi come la SLA che meriterebbero tutt'altra attenzione da parte della politica e delle istituzioni. Non si può pensare di scaricare sul diversamente abile o sulla sua famiglia tutto il peso dei problemi che, quotidianamente, possono presentarsi. Non è giusto anche perché si tratta di persone che contribuiscono, o che hanno contribuito, con il loro lavoro, al Benessere della collettività. Ma, soprattutto, non è giusto perché la nostra meravigliosa Costituzione vuole che tutti i cittadini siano uguali e, soprattutto, che abbiano diritto a poter vivere in società in condizioni di pari dignità e tutela.