È una vita che sentiamo parlare di tagliare le spese, tanto se ne parla quanto poco si fa. Commissioni e commissari vengono e vanno senza apprezzabili effetti sul mastodonte della spesa pubblica. Mentre i cittadini tagliano tagliano tutto quanto possono delle loro spese, non soltanto perché i redditi si sono ridotti, ma perché regna la sfiducia.

Si taglia la spesa privata perché non si taglia la spesa pubblica e restano assillanti le tasse con cui si consente a tutto il mostruoso apparato pubblico di restare indenne, non dico da ogni sacrificio, ma anche dall'impegno a non rendere la fatica di vivere del cittadino meno pesante, con qualche piccola attenzione, qualche minima considerazione, qualche ragionevole solidarietà.

No! Non sia mai. Se si pensa di assumere, finalmente, i precari senza più riconoscere gli scatti di anzianità, apriti cielo. Se si dice, anche impropriamente, di mantenere ancora bloccate - non di ridurre, come è stato fatto da molti Stati - le retribuzioni dei pubblici dipendenti c'è una levata di scudi. Se si accenna al fatto che 45 giorni di ferie giudiziarie sono troppi, l'ordine giudiziario lamenta un attentato all'indipendenza dei giudici, che pure sono dipendenti pubblici come gli altri.

Gli esperti che si sono cimentati con i calcoli ci hanno detto, in questi giorni, che un 3% di riduzione della spesa pubblica, ammesso che si attui realmente, non porterà che ad un risparmio di 6/7 miliardi, considerando intangibile quella parte della spesa pubblica relativa a stipendi, sanità, previdenza, servizio del debito.

Come, quando si fa una dieta per dimagrire, non basta ridurre le quantità dei cibi, lasciando intatto il regime alimentare, ma bisogna modificare significativamente sia il regime alimentare che lo stile di vita, così per tagliare seriamente le spese di un complesso articolato non ci si può mettere a sforbiciare qua e là, ma bisogna ridisegnare lo schema organizzativo in maniera ottimizzata.

In altri termini la macchina della amministrazione pubblica va rivista in una ottica di efficienza, perché possa fornire servizi di qualità maggiore a minor costo o, anche a scegliere, come avviene nelle aziende, quali servizi continuare a produrre e fornire direttamente e quali compare sul mercato e far fornire ai cittadini da terzi, senza escludere di poterne cancellare del tutto alcuni.

Basta guardare quello che sta succedendo in materia di giustizia: siccome lo Stato non riesce a far funzionare i tribunali i cittadini sono invitati a mettersi d'accordo tra loro, con l'ausilio di conciliatori, mediatori e arbitri, e con il supporto degli avvocati. E va anche meglio così, perché litigare nuoce gravemente alla salute.

Allora bisogna mettersi all'opera con calma, come hanno fatto gli inglesi, che già stavano molto meglio di noi, a ridisegnare questa benedetta macchina dello Stato, snellendo, efficientando e, così, tagliando, non solo la spesa ma anche la regolazione, ma ridando soprattutto tutta la libertà che meritano i veri e propri cittadini, non sudditi di un regime.