Le vittime della mafia rivivono aNapoli, nei 'Dialoghi sulle Mafie', dibattiti tenuti nel complessomonumentale di San Domenico Maggiore per il Forum Universale delleCulture, dalla voce di esponenti della politica, dell'economia, delleistituzioni e della magistratura, in un confronto sulla situazioneodierna della lotta alla criminalità organizzata. Proprio in una città come Napoli,vessata dalla camorra, si è svolto questo costruttivo dibattitosulla mafia. Una piaga che ormai da troppo tempo attanaglia tuttaItalia continuando a condizionare politica ed economia, comedimostrato dall'ultimo scandaloso caso di mafia a Roma.

Gli anni '70 e '80 rivivono, neiricordi del magistrato Giuseppe Ayala, quali "anni tremendi diguerra di mafia". Per comprendere l'attuale'globalizzazione mafiosa' si analizza cosa è cambiato e dove si èsbagliato, un bilancio a vent'anni dalla morte di Giovanni Falcone ePaolo Borsellino. "La mafia era un cancro che, all'epoca diBorsellino, il codice civile non menzionava neppure" continuaAyala, ipotizzando anche una soluzione per liberare in nostro Paesedal giogo della malavita: "Recidere una volta per tutte i legamitra Cosa nostra e le istituzioni, intese non solo come politica maanche come burocrazia" e aggiunge "la risposta non puòvenire soltanto dalla giustizia".

Testimonianze del coraggio e delladedizione delle vittime e dei personaggi ai quali ispirarsi per lalotta alla mafia si susseguono nel dialogo con Ruggero Cappuccio,drammaturgo, scrittore e regista di uno spettacolo teatrale ispiratoalla figura di Paolo Borsellino.

"Falcone e Borsellino, se nonfossero stati giudici, sarebbero stati psicanalisti: sapevanoascoltare senza perdere d'occhio il contesto", poi continuacitando le loro frasi celebri "Si continua a disprezzare ciòche si ignora, bisogna invece riconoscere che la mafia cirassomiglia" come Borsellino soleva dire, e poi "Palermonon mi piaceva ma è per questo che ho imparato ad amarla: amare èpoter cambiare ciò che non ci piace".