Possiamo identificare l'inizio della crisi greca con la vittoria alle elezioni di George Papandreou il 4 ottobre 2009. Il partito socialista ellenico, perdente nelle due precedenti tornate elettorali, alle elezioni politiche anticipate vince con il 44% dei voti contro il 35% di Nea Dimokratia (Nd) del premier Costas Karamanlis, che si dimette dalla guida della sua formazione politica. Il 18 ottobre il nuovo governo socialista annuncia che il deficit di bilancio raggiungerà almeno il 12% del Pil, il doppio rispetto alle stime precedenti. Il disavanzo alla fine di varie revisioni raggiungerà l'astronomica cifra del 16,6% del Pil.
Il limite invalicabile previsto dal Trattato di Maastricht era del 3%. E' l'inizio della lunga crisi greca e del debito sovrano dell'eurozona ma ancora oggi non si vede una luce alla fine del tunnel.
La Grecia dovrà restituire ai propri creditori circa 16.000 milioni di euro entro il 21 settembre. Al di là di questi ultimi incontri, sono tre in una settimana quelli dei ministri delle finanze della zona euro, è dall'ascesa al potere di Tsipras che si tenta di raggiungere un accordo con la Grecia.
Lo spauracchio di una nuova crisi economica su base mondiale spaventa tutti, i timidi segnali di ripresa della zona euro si dissolverebbero in un solo attimo di fronte al default del paese ellenico.
A quanto pare Tsipras ha fatto suo il famoso motto: "Se devi 1000 dollari a una banca, il problema è tuo, se devi 100 milioni di dollari ad una banca, il problema è della Banca!".
Sempre di più sembra giocarsi una partita a poker, resta da capire se qualcuno seduto al tavolo stia bluffando e se quando le carte saranno definitivamente sul tavolo si sarà trovata una soluzione effettiva e praticabile o si tratterà dell'ennesimo rinvio del problema a data da destinarsi.
Se guardiamo ai fatti da una diversa angolazione, il più forte seduto al tavolo delle trattative è proprio Tsipras e un fallimento delle trattative potrebbe addirittura rafforzare la sua leadership interna. In caso di mancato accordo, il tempo comincerebbe ad essere poco.
L'Europa deve cominciare a fare i conti con i propri limiti, il potere non può basarsi solamente sull'economia e sulla finanza e diventa strettamente necessario l'avvio di una politica strategica sui grandi temi, fino ad oggi dire Europa è solamente equivalso a dire euro o banca centrale europea.