Lo sviluppo di un territorio e il progresso sociale e civile esige che la ricchezza sia equamente distribuita e sia garantito un continuo aumento di posti di lavoro. Assistiamo, invece, a un disarmonico sviluppo territorio nazionale tale da assicurare un lavoro, dignitoso per tutti. I proclami trionfanti del Governo confrontati con quelli degli Istituti che monitorano l'economia reale non sono coerenti: un tasso di disoccupazione preoccupante e il tasso di occupazione è in continua caduta.

Facciamo un po' di conti

Il tasso di occupazione nazionale è molto distante dalla media europea e i numeri ci portano a considerare che la crisi attuale porta i livelli enunciati ad una misura alta e spaventosa; la chiusura di aziende e di attività commerciali e artigianali sta negando il lavoro a persone appartenenti ai diversi ruoli della catena produttiva; lavoratori dipendenti e autonomi si trovano senza la sicurezza di uno stipendio sufficiente a vivere dignitosamente, imprenditori che l'esosa pressione fiscale costringe a chiudere l' attività economica e ciò si unisce il lavoro nero e l'evasione fiscale.

E qui rientrano in campo le responsabilità della politica che, sorda a tanti richiami, continua a non garantire la detassazione su lavoro e produzione, invece di tassare la ricchezza personale (seconda e terza casa, auto di lusso, yacht ecc.)

La famiglia costruttrice di solidarietà

La compagine moderata del campo politico, laici e cattolici, dunque, considera e mette in forte evidenza che chi ne paga le spese, in tutto questo generale disastro, è la famiglia che per definizione è soggetto sociale e primo costruttore di sussidiarietà. Certo, "soggetto", perché è lì che cerca sicurezza ogni persona bisognosa di orientamento sociale, politico e morale; la famiglia è soggetto perché si muove e vive come organismo animato, che dà linfa unitaria alla struttura dei tanti individui.

Come tale oggi la famiglia, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, è oggetto di un violento attacco a favore di un nuovo e generico concetto di famiglia che, secondo alcuni, i cattolici e i laici moderati, etichettati come reazionari e oscurantisti, negherebbero.

Diritti, amore ed economia

È evidente, dunque che alcune rivendicazioni sollevate per spostare l'attenzione dai reali problemi della gente verso questioni che non risolvono le problematiche del lavoro e dell'occupazione in genere.

A nessuno è negato il diritto di amarsi o di convivere; anche il Papa afferma che ognuno ha il diritto di esprimere il proprio sentimento di amore, quando è autentico. Ma incoraggiare la semplice convivenza senza doveri precisi crea una grande ingiustizia sociale verso chi ha deciso di sposarsi e rende, dunque, la questione squisitamente economica.

Infatti, ad esempio, i redditi dei conviventi non sono cumulati e non assoggettati alle imposte come per gli sposati; i conviventi non hanno obbligo di mantenimento verso alcuno; non si vedono assoggettate le loro rispettive case all'imposta di prima e seconda casa; il diritto di reversibilità della pensione è totalmente scollegato dal diritto di assistenza e cura.

Ecco, dunque, che è un preciso dovere fare riflettere sul fatto che i tanto conclamati diritti delle coppie di fatto, più che risolvere le questioni a livello di civiltà, di cultura e dignità umana, creano nuove ingiustizie sociali e civili che questa spaventosa crisi rende difficili da accettare. Anche don Ciotti definisce la giustizia sociale in questi termini: "Ma giustizia sociale non significa altro che democrazia.

A ricordarcelo è la Costituzione e in particolare il suo terzo articolo, dove si esorta a rimuovere tutti gli ostacoli di varia natura - economica, sociale, culturale - che impediscono un'effettiva uguaglianza dei cittadini. Senza uguaglianza, senza lo sforzo costante per affermarla, non c'è democrazia."