Ieri in prima serata su Rai Tre è andata in onda l'ennesima puntata del programma, condotto da Barbara De Rossi, 'Amore criminale'. Un programma che da qualche anno racconta e mostra, attraverso le ricostruzioni fatte dagli attori e il racconto dei parenti e degli amici delle vittime, storie di donne uccise per mano di uomini violenti. Ieri, nel primo episodio, si è toccato un punto davvero basso. Per la prima volta, la voce narrante è stata affidata a un uomo, Matteo, il responsabile di feroci atti di violenza contro la prima moglie e l'ultima compagna.

Se l'intenzione era quella di raccontare la storia di uomo che ha capito i suoi errori, il tentativo è stato abbastanza discutibile. Ci sono tempi e luoghi ben diversi in cui questi uomini violenti possono espiare le loro colpe e capire i loro errori, non certo in prima serata in un programma televisivo.

'Amore criminale': perché non raccontare storie di donne che riescono a salvarsi?

'Amore criminale' è un programma senza alcuno scopo educativo che andrebbe sospeso, specie in questo momento particolare in cui ogni giorno si apprendono notizie di donne uccise da compagni e mariti violenti. Un programma in cui puntualmente si raccontano storie di donne vittime dei loro uomini che, nonostante, abbiano denunciato alle autorità, a parenti, amici e conoscenti le violenze subite, non riescono a salvarsi dal destino di morte e sangue disegnato dai loro aguzzini.

Dunque, 'Amore criminale', quasi con rigore scientifico, diviene la cassa di risonanza di storie di donne barbaramente uccise dai loro uomini e che non hanno potuto fare nulla per ribellarsi. Il messaggio che viene veicolato è che qualsiasi cosa possano fare le vittime, alla fine trionfa sempre il disegno criminale del carnefice.

Non sarebbe meglio, per una volta, raccontare la forza, la determinazione, il coraggio di tutte quelle donne che, invece, sono riuscite a ribellarsi? Non sarebbe meglio raccontare, per una volta, le storie di tutte quelle donne che sono riuscite a dire basta e sono ancora vive? Non sarebbe meglio raccontare, per una volta, la bellezza di tutte quelle donne che sono riuscite a riprendersi in mano la propria vita?