L’ennesimo caso di bullismo che rovina la vita di un adolescente e che ha riportato torino sotto i riflettori internazionali della peggiore cronaca, è solo la punta di un iceberg che spesso non si vuol vedere, né fuori né tra le mura di casa. Purtroppo non c’è da stupirsi, ma da indignarsi, possibilmente con noi stessi che facciamo parte di questa società.
Gli allenatori delle squadre giovanili di calcio raccontano da anni e anni - e questo è un esempio che calza a pennello, visto che ciascun figlio è soprattutto il risultato dei filtri educativi che riceve in casa - che: "i peggiori tifosi dei figli sono i genitori.
Spesso litigiosi, difendono per principio il bambino, non consentendoci di educare i bambini alla sportività, alla stretta di mano a fine partita tra vincitori e vinti".
Similitudini con il caso Falchera
La vicenda di cronaca che il 26 novembre ci ha fatto scoprire come, in appena 3-4 mesi, due adolescenti di 11 anni siano stati capaci di costringere all'infermità il loro compagno di classe picchiandolo, perseguitandolo ed insultandolo, non è poi così diversa da quella dei baby stupratori di Falchera - sempre a Torino - che per mesi e fino a febbraio del 2015, hanno violentato in gruppo, fotografandola, filmandola e ricattandola, una ragazzina, colpevole di essersi presa una cotta iniziale per uno di loro.
Lei aveva 13 anni; il ragazzo reso infermo ne ha 11. Le loro violenze fisiche e psicologiche sono andate avanti per mesi. I responsabili delle violenze, vecchie e nuove, sono tutti troppo piccoli per essere processati.
Troppo giovani per chi?
Essere troppo giovani per subire un processo secondo la legge, non significa che non fossero in grado di capire ciò che stavano facendo.
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Il gruppo di bulli che si atteggia e agisce nel quartiere degradato è una brutta icona che si tramanda da troppi anni. Ma il degrado sociale non ha quartiere: c'è Falchera o Borgo Vittoria a Torino, a Roma Tor Sapienza, Ponte di Nona e l’Eur, ma anche i Parioli. Non esiste un bullo o un gruppo; ne sono centinaia, migliaia, spesso non imputabili perché di età inferiore ai tredici anni.
Indignarsi è la reazione giusta. L’indifferenza per strada, a scuola o in famiglia, è complicità.
Freud e l’istinto gregario
Il problema principale è l’omertà che ha troppi complici. I fatti sono sempre noti. Non esiste amico o gruppo di amici che non sappia cosa accade. Era così anche negli anni ’70, ’80 e ’90 del secolo scorso. Nella sua opera “La psicologia delle masse e analisi dell’io" (Massenpsychologie und Ich-Analyse), lo psicanalista Sigmund Freud spiega che questo fenomeno nasce a causa del fatto che l’uomo è da sempre un "uomo gregario", un "essere collettivo", vivendo la sua intera esistenza seguendo l’istinto gregario.
Se è vero che potenzialmente l’uomo primitivo esiste in ogni individuo, è vero anche che il "gregge primordiale" nasce in ogni raduno.
In psicologia, questo problema è definito "eredità arcaica". La spinta psicologica genera la violenza di gruppo, perché fa leva sulla propensione umana a partecipare ad una collettività.
Il senso di appartenenza
Secondo Freud, il "senso di appartenenza" può essere tanto forte da minare la capacità di comprendere le conseguenze delle proprie azioni, pur comprendendo perfettamente ciò che si sta facendo. Purtroppo, nelle nostre città tendono ad esaltarsi nuove qualità, come ad esempio la prepotenza, la forza fisica, la capacità di guidare un clan o un branco con aggressività. Gli aspetti relazionali vengono messi quasi completamente da parte, poiché non vengono considerati utili per affermarsi nell’ambiente circostante.
Per questo si parla di "propensione ambientale".
Ma chi crea questa "propensione ambientale", se ancora oggi esistono quartieri degradati, campi nomadi, baracche abusive, miseria e sporcizia? E magari tutto questo ce l’hai in un quartiere solo.