Dopo 7 lunghi anni di attesa - governo Berlusconi, poi Monti, poi Letta e ora Renzi - si raggiunge l’accordo con i tre principali sindacati e si sblocca la #contrattazione nel #pubblico impiego. Attenzione, però: come sempre non è tutto oro ciò che luccica. L’annuncio dato, combinazione alla vigilia del Referendum voluto da Matteo Renzi sulla modifica del Titolo V della Costituzione, è che l’intesa raggiunta prevede un graduale incremento minimo di #85 euro “mensili medi”. In realtà, si tratta di 85 euro lordi. Facendo due conti, significa che dopo 7 anni di contratto scaduto, calcolatrice alla mano, sindacati e governo hanno calcolato che ogni anno vale circa 12 euro.

A qualcuno potrebbe non piacere. In ogni caso, Cgil, Cisl e Uil si ritengono soddisfatti dell’intesa firmata.

12 euro all’anno di aumento

In sostanza, fatta salva qualche inevitabile modifica, è stata confermata la bozza iniziale. Marianna Madia, ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, definisce l’accordo innovativo perché, come ha dichiarato all’Ansa, “è stato dato spazio alla contrattazione”. Siccome alla vigilia della tornata referendaria potrebbe sembrare imbarazzante e controproducente spiegare che dopo 7 anni di tira e molla non si è riusciti a strappare a Renzi più di 12 euro all’anno di aumento (i famosi “85 euro mensili medi), Cgil, Cisl e Uil si affrettano a sottolineare che il totale di questo rinnovo contrattuale della pubblica amministrazione, per il governo è pari a circa 5 miliardi di euro nel triennio che va dal 2016 al 2018, con 850 milioni da “scucire” già il prossimo anno.

Sostegno ai redditi bassi’

Il ministro Madia, all’Ansa, ha chiarito il senso di questo aumento: “L'aumento è di 85 euro “medi”. Noi abbiamo insistito sul fatto che siano “medi” perché vogliamo dare una maggiore attenzione e un maggiore sostegno alle tante famiglie italiane con redditi bassi e a tutti coloro che hanno sofferto di più la crisi e il blocco dei contratti della pubblica amministrazione”.

A vedere la cifra dell’aumento che, per carità, è sempre meglio di una porta sbattuta in faccia, ben si comprende perché il premier, il giorno prima della firma, avesse affermato: “Chiedendo 85 euro, i sindacati hanno voluto dire che il loro aumento è più alto di quello dato dal governo. E io ho detto: bravi”. Infatti, nella serata di ieri, dopo la firma, su Twitter ha scritto: “Dopo 7 anni #lavoltabuona per i dipendenti pubblici.

Riconoscere il merito, scommettere sulla qualità dei servizi #passodopopasso”.

Tutti soddisfatti dell’accordo

Si diceva, soddisfazione anche tra i sindacati. Susanna Camusso, Cgil, parla di “ottimo lavoro, che rende possibile aprire una nuova stagione per i rinnovi contrattuali nell’amministrazione pubblica”. Carmelo Barbagallo, Uil, ricorda che “un accordo di questo tipo, un anno fa, non potevamo neppure sognarlo”. E poi aggiunge: “Per il bonus di 80 euro si è trovato un salvagente”. Annamaria Furlan, Cisl, esprime la propria soddisfazione e definisce questo aumento dei salari dei dipendenti pubblici una cifra “dignitosa”. “Abbiamo stabilito - spiega la Furlan - che i contratti prevalgono sulle leggi e che, quindi, la legge Brunetta è superata”. Tutto rispettabile, proprio perché opinabile, ma che ora non si inizi a parlare di buste paga più pesanti e maggiore qualità del lavoro e dei servizi pubblici. Sembra propaganda...