Come se non bastassero i nefasti risultati ottenuti in Europa, le riforme del Lavoro e dei salari (come il nostrano Job-Act) usate come volano per il rilancio dell’Economia hanno fatto proseliti anche al di là dell’Atlantico. In Brasile, il presidente Michel Temer (dopo gli scandali legati ai suoi predecessori Lula e Rousseff) annuncia una nuova grande legge volta ad abbassare i costi (stipendi e investimenti pubblici) e aumentare le ore di lavoro giornaliere, i profitti, la produttività nonché l’età pensionabile. Di fatto, con queste scelte, il Governo brasiliano sancisce per il suo Paese l’inizio in una lunga fase di recessione per ora arrivata solo al terzo anno, ma che è destinata ad accrescere fino ad arrivare a superare il decennio.
Uno dei Paesi emergenti sudamericani che si era mostrato più attivo e in grado di vincere la sfida dei mercati globali mostra tutte le sue contraddizioni e la precarietà di un tipo di società che penalizza sempre più i consumi e tutela incondizionatamente i patrimoni.
Se Michel Temer non dorme sonni tranquilli (almeno per quanto riguarda i sondaggi di gradimento), il suo omologo dell'Argentina Macri non può godere di una migliore accoglienza. Nominato poco più di un anno fa, vincendo il ballottaggio contro Daniel Scioli (peronista come l’ex-Presidente Christina Fernandez Kirchner), ricco imprenditore di chiare origini italiane, il 57° ospite illustre della Casa Rosada non naviga in buone acque e sta dilapidando il grosso consenso che aveva accompagnato la sua elezione.
Le sue colpe sono sì quelle di aver ereditato un bilancio statale pesantemente truccato dal suo illustre predecessore, ma la verità è che non ha fatto molto per tirare fuori dalle secche il suo Paese e le enormi promesse fatte in campagna elettorale stanno pesando non poco. La politica di riduzione degli investimenti pubblici e le concessioni al capitalismo più sfrenato stanno spingendo l’Argentina verso un’altra profonda crisi.
A dirlo sono i dati economici: disoccupazione al 9%, inflazione al 40%, PIL in recessione per il 2%, la Produzione industriale scende del 7-8%.
Due Paesi (Brasile e Argentina), due Presidenti, due politiche strettamente connesse al concetto di Austerity e due fallimenti annunciati. Non serve essere uno studioso di Economia o un fan di Roosevelt o di Keynes per capirlo.
Basta armarsi di carta e penna e prendere appunti. Se non si ha fiducia nella Storia che ci racconta il passato si può sempre credere in ciò che si vede nel presente o che si manifesterà in futuro. Diamoci pure appuntamento lì.