Con l’anno che è passato abbiamo avuto molte perdite di grandi artisti, da George Michael a David Bowie, Laonard Cohen, Keith Emerson, Greg Lake, ma 10 anni fa moriva anche uno dei più grandi miti della musica Black; parliamo di james brown soprannominato Mr. Dynamite, grande cantante e ballerino, pioniere dell’attuale Soul, R’n’B e Hip Hop.
Tutti hanno preso qualcosa dalla sua musica, ancora oggi nell’ascoltare alcuni brani di Artisti in classifica troviamo dei chiari riferimenti ai suoi groove o battute campionate di sana pianta (tanto che è considerato l’Artista più campionato di tutti i tempi).
Io ho lavorato con lui e devo dire che il suo carisma era più forte ancora della sua musica; mi parlava delle sue origini e di come riusciva sempre a guardare avanti, in qualche modo diceva di leggere il futuro, anche il suo manager, un giudice americano lo descriveva quasi “mistico” e aveva paura quando parlava prevedendo quello che sarebbe accaduto. Sembrava quasi una sciamano, con una forza interiore diversa da qualunque persona abbia conosciuto in tutta la mia vita.
Prima di un concerto aveva purtroppo bisogno di una certa “carica”, come sappiamo tutti, ma per lui non era proprio una dipendenza, ma un sopperire agli anni che incalzavano e non potevano sopraffare il grande “godfather of soul”, la sua mente era sempre lucida, ma ultimamente il fisico si era appesantito, i passetti veloci non erano più quelli di un tempo, ma quando saliva sul palco tutto cambiava, sembrava quasi che un demone prendesse il suo corpo.
Ricordo ancora il grande rispetto che tutta la sua Band aveva della sua persona, un po’”padre padrone” ma con una grande sensibilità e professionalità.
Ogni membro del gruppo sapeva che ogni istante passata sullo stesso palco con lui gli avrebbe dato tanto in termini di esperienza e maturità, e se a volte era duro con loro nelle prove, sapeva come farsi perdonare.
Brown nasce in una baracca della Carolina del Sud, dato in affidamento dal padre a un bordello della città, nella povertà più assoluta e nella sua carriera si porta dietro tutte le privazioni che ha avuto in gioventù, arrivando anche a delinquere, ma dopo essersi cimentato nello sport (pugilato e baseball) si dedica poi anima e corpo alla musica collezionando anno per anno successi e gratifiche.
Una sua caratteristica era il lato umanitario unito alla lotta sociale: Fin dal 1965 James Brown e la sua band hanno tenuto numerosi concerti di beneficenza in favore dei diritti civili, esibendosi per organizzazioni di beneficienza. Nel 1968, Brown incise due canzoni di protesta sociale; “America Is My Home” e “SAY IT LOUD – I’M BLACK AND I’M PROUD”. In quest'ultima, Brown esegue sotto forma di rap, una dichiarazione di patriottismo e promulga "l'orgoglio di essere nero", affermando che l'America è uno dei pochi Paesi dove uno possa "iniziare come lustrascarpe ed arrivare fino a stringere la mano al Presidente" e di "smettere di piangersi addosso ma di alzarsi e combattere nella vita.". Chissà se oggi fosse vivo come si comporterebbe nei confronti del neo-presidente Trump
Brown tenne un concerto in TV a Boston il giorno successivo all'assassinio di Martin Luther King e riguardo a questa esibizione si parlò molto,perché sembra che con essa abbia contribuito a prevenire disordini razziali nella città.
Quindi a 10 anni dalla sua scomparsa lo possiamo ricordare come un burbero dal cuore tenero, che la vita ha messo a dura prova.