Nella riunione della commissione congressuale é stata decisa la data in cui si svolgeranno le primarie del PartitoDemocratico:il 30 aprile.Nella riunione fiume tra i rappresentanti di Matteo Renzi e quelli dei candidati Andrea Orlando,Michele Emiliano e Carlotta Salerno,in cui non sono mancati momenti di tensione, alla fine si è raggiunta l'unanimità sulla data, con il risultato di scontentare tutti.
Fino alla fine i renziani hanno provato a far passare il 9 Aprile, data coincidente con la Domenica delle palme, come giornata del voto.A giustificazione, la necessità di avere un segretario eletto per l'assegnazione del simbolo alle liste amministrative e di avere un partito unito per la campagna elettorale dei molti comuni che andranno al voto a giugno.
Questa ipotesi ha da subito agitato gli animi di molte correnti, che vedevano nell'opzione renziana la voglia (neanche troppo celata) di precipitarsi alle elezioni politiche anticipatamente.
Quindi cosa è scattato?
Compatta resistenza sui fronti avversi, da Emiliano che sperava di celebrare l'atto finale del congresso addirittura a settembre per arrivare al recente candidato Orlando e alla moderata Salerno, che preferivano un lasso di tempo maggiore per contendere la segreteria a Renzi.
Al di fuori dei ruoli principali, i militanti,mere comparse del sistema partito, costretti ad adeguarsi alle scelte prese dalla commissione e, per via della data a ridosso delle festività, rischiano di non poter partecipare al momento più alto di democrazia di un partito:il congresso.
Ma allora perché il 30 aprile?
Questa data potrebbe essere il compromesso della commissione per tutelare le liste nelle elezioni amministrative per via dell'esigenza che ci sia un segretario eletto che consegni il simbolo alle liste stesse
Oppure la data del 30 aprile può esser stata fortemente voluta dalle correnti forti del Pd, come ad esempio quella di Franceschini: è risaputo che quest'ultimo è titolare di una posizione dominante nei gruppi parlamentari e che pur non ostacolando apertamente la data del 9 ,voluta dai renziani, ha sempre mostrato insofferenza verso tale scelta non approvando l'opzione voto a giugno.In tale scenariio avrebbe prevalso il compromesso: accontentare Renzi, ma senza lo spauracchio delle elezioni anticipate.
Nel confronto dei vari interessi contrapposti nessuno ha valutato l'inopportunità di una data (30 Aprile) alla vigilia del ponte del 1 maggio.Nessuno ha pensato ai ponti e alle vacanze che renderanno più gravosa la partecipazione alle primarie.
Alla fine sarebbe stato preferibile conservare quel 9 aprile della prima ora. Una Domenica delle Palme simbolo di resurrezione, non preceduta da ponti e festività e che avrebbe avuto l'effetto immediato di mettere a tacere le liti catapultandoci immediatamente in una discussione politica fatta di contenuti e programmi dei contendenti.
Invece l'ottenuto accordo al ribasso forse tutelerà qualche esponente politico ma è sicuramente penalizzante per i militanti.
In definitiva l'ennesima discussione dimostra quanto sarà ancora lunga la strada prima che si possa parlare di un partito inclusivo che anteponga le logiche (e gli interessi) delle correnti alla volontà (e comodità) del popolo che lo compone.