Secondo un emerso da un recente articolo pubblicato da David Sanger sulle pagine del Nytimes, il segretario di stato americano scelto da Donald Trump, Rex W. Tillerson si sta preparando ad un viaggio a Mosca per chiarire le posizioni degli USA e della Russia sulla questione siriana. Stando alle prime dichiarazioni sembrerebbe che Tillerson voglia tenere una linea dura nei confronti della Russia, e viste le recenti tensioni tra le due superpotenze, dovute alle diverse visioni e approcci sulla specifica questione, non c'è nulla di cui sorprendersi.

Quello che invece lascia senza parole è una dichiarazione del segretario di stato, secondo cui la Russia starebbe cercando di influenzare le elezioni in Europa utilizzando gli stessi sistemi utilizzati durante le elezioni in America.

Esattamente cosa intende Tillerson quando accusa la Russia di star cercando di influenzare le elezioni in Europa?

Una simile accusa avrebbe potremmo aspettarcela, come è già successo in passato, da esponenti del partito democratico, o al massimo da qualche dissidente interno allo stesso partito repubblicano, ma se queste accuse arrivano direttamente dal segretario di stato, che ricordiamo essere la terza carica dello stato americano, il secondo in linea di successione per la presidenza nell'eventualità in cui il presidente eletto non dovesse essere più nella condizione di esercitare la presidenza (il primo a succedere al presidente eletto sarebbe il vicepresidente e se questi non potesse, per qualche motivo, accettare l'incarico, la presidenza passerebbe al segretario di stato).

Perché dunque uno degli uomini di fiducia del presidente americano dovrebbe lanciare simili accuse che rischierebbero di compromettere lo staff presidenziale di cui è parte?

Per assurdo, sembra che Tillerson stia denunciando alcune irregolarità emerse durante le ultime elezioni presidenziali, quelle stesse elezioni in cui è stato eletto Donald Trump grazie al quale, lui stesso (Rex Tillerson) sarebbe stato nominato segretario di stato.

Sembra quasi che Tillerson stia "auto-incriminando" il partito repubblicano. A questo punto la domanda sorge spontanea, si tratta di un errore di valutazione nella scelta delle parole o di una scelta ponderata volta a suggerire qualcosa?

Senza scadere in facili teorie cospirative, è presumibile che queste parole prefigurino l'inizio di un progressivo ritorno dell'America di Trump sulla scena internazionale, annunciando un ritorno pacchiano e sfarzoso, in perfetto stile Donald Trump, la cui "nuova grande America" cercherà sicuramente un ruolo da primo attore sul teatro globale.

Ma il palcoscenico delle relazioni internazionali non è più quello degli anni cinquanta, sessanta, settanta e ottanta, l'America e la Russia non sono più i soli protagonisti degli scenari mondiali, e che ci piaccia o meno ammetterlo, l'Europa e la Cina, con tutte le loro debolezze e contraddizioni interne, rappresentano ormai due enormi potenze finanziarie, economiche e commerciali, e sebbene la forza sia ancora oggi un elemento chiave, saldamente stretto nelle mani di Stati Uniti e Russia, la potenza economica dell'Europa e della Cina non è un elemento da prendere sotto gamba, ed in questa nuova crisi globale è presumibile che giocherà un ruolo significativo.

Se la Russia di Vladimir Putin farà dei passi indietro, accettando le direttive ONU relative alla Siria, e rinuncerà a garantire protezione al fedele alleato Bashar al-Assad, sarà forse merito non solo della rude diplomazia americana, incarnata nella linea dura di Tillerson, ma anche e soprattutto, delle pressioni e delle sanzioni economiche imposte dall'Europa alla Russia per via della vicenda ucraina, in cui ricordiamo, la Russia è intervenuta "violando la sovranità nazionale" dell'Ucraina.

In questa crisi globale, Trump sta giocando una mano pericolosa, dando nuova linfa vitale ai vecchi fantasmi della guerra fredda, dimenticando, forse troppo facilmente, che dal 1988 ad oggi, il mondo è profondamente cambiato. Nel corso degli anni 90 e 2000 le Nazioni Unite e le istituzioni internazionali hanno potuto consolidare il proprio ruolo garantendo pace e sicurezza alle nazioni del mondo. Nazioni che hanno vissuto e vivono tuttora in un precario equilibrio, la cui più grande minaccia è rappresentata non da nemici esterni, ma dalle azioni unilaterali di alcuni dei suoi membri più influenti.