Il viaggio diplomatico di Rex Tillerson, segretario di stato americano, verso Mosca ha compreso una breve sosta in Italia. Il politico statunitense non è rimasto molto tempo nel nostro paese, ma quelle poche ore sono state importanti per delineare ulteriormente la scena politica americana.

Tillerson ha più volte ripetuto che l'attacco missilistico ordinato da Donald Trump contro la Siria non rappresenta l'inizio di una escalation militare degli Stati Uniti in medio oriente, ma si è trattato soltanto della reazione all'attacco chimico della scorsa settimana.

Un attacco che è stato definito un crimine immane, poiché lanciato contro la popolazione civile, facendo tra le sue vittime, numerosi bambini.

L'opinione pubblica mondiale è a questo punto divisa, e sebbene in larga parte si sia detta avversa alla decisione unilaterale di Trump, molti si sono detti disposti a chiudere un occhio vista la natura ben più grave del crimine compiuto dal regime di Assad. Inoltre, in una dichiarazione dell'addetto stampa della casa bianca, Sean Spicer, che ha partecipato ad un briefing con il presidente Trump, ha aggiunto che, sebbene l'attacco missilistico di qualche giorno fa non segna l'inizio di una guerra americana contro la Siria, gli Stati Uniti non resteranno a guardare se dovesse verificarsi, da parte della Siria e dei suoi alleati, un nuovo attacco chimico, o dovessero essere ancora una volta coinvolti civili e bambini in operazioni militari coordinate dal governo di Damasco.

Insomma, Spicer ha lasciato intendere, senza nasconderlo più di tanto, che in caso di un nuovo attacco con armi chimiche o contro la popolazione civile, gli Stati Uniti potrebbero intraprendere nuove azioni militari contro la Siria.

Da queste dichiarazioni sono sorte molte domande e dubbi sui reali interessi americani nella questione siriana, dubbi ormai tipici di ogni operazione militare in cui stata coinvolta l'America negli ultimi trenta anni, e tornano a ripetersi i soliti scenari ed i soliti dibattiti sulla legittimità e la necessità di una guerra oltre che sulle motivazioni.

E proprio sulle motivazioni ci si aspetterebbe una qualche dichiarazione ufficiale da parte di Donald Trump, il cui silenzio desta preoccupazioni e domande. Del resto la campagna elettorale di Trump è stata incentrata sul concetto di "prima l'America" lasciando intendere un qualsiasi disinteresse per ciò che non riguardava direttamente gli affari americani.

Dunque, perché l'america di Trump si sta interessando alla questione Siriana?

Secondo Spicer e Tillerson, rispettivamente portavoce della Casa Bianca e segretario di stato, l'America non ha alcun interesse materiale ad intervenire in medio oriente, ma la più grande nazione al mondo non può restare impassibile di fronte alle atrocità compiute contro la popolazione civile e conto i bambini, e proprio i bambini sembrano essere l'elemento chiave, citati più volte anche dal presidente nelle prime dichiarazioni immediatamente successive all'attacco. L'America, dicono Spicer e Tillerson, non può lasciare impuniti simili crimini, ed interverrà ovunque e contro chiunque.

Questa strada intrapresa dalla Casa Bianca ricorda, per certi versi, la strada già intrapresa dalla presidenza di Obama, contro cui lo stesso Trump si è fortemente scagliato in campagna elettorale, proponendo, anzi, riproponendo gli USA come garanti e tutori dell'ordine internazionale.

Ma affinché l'america di Trump riesca in questa impresa, ha bisogno di alleati forti e influenti, che potrebbe trovare in Europa, e forse la sosta di Tillerson in Italia, potrebbe rappresentare l'inizio di questa ricerca.

Il destino dello scontro politico tra USA e Russia, in questo momento, potrebbe dipendere dall'Europa, che come in passato dovrà mostrarsi coesa e inflessibile, mostrando la propria autorità e la propria forza sul piano internazionale.