Quanto accaduto ci lascia sgomenti, ma abbiamo il dovere di oltrepassare il confine emotivo e cercare di elaborare con mente lucida quanto accaduto. I fatti di Khan Sheikhun, provincia di Idlib, il raid aereo che ha causato la morte di 58 civili tra cui almeno 11 bambini e nel quale sarebbero state usate armi chimiche, ricordano il massacro di Houla del 2012. Anche in quella circostanza, parte del mondo e l'intera stampa occidentale puntò il dito contro il governo siriano di Bashar al-Assad. Ci fu un rapporto delle Nazioni Unite, approssimativo, perché agli Stati Uniti ed ai Paesi alleati che hanno finanziato e supportato la ribellione siriana interessava esclusivamente mettere in cattiva luce l'amministrazione di Damasco.

Le inchieste di cronisti indipendenti dimostrarono l'estraneità dell'esercito siriano ai fatti contestati, i responsabili del massacro furono le milizie estremiste ribelli. Il principale accusatore di Assad era, allora come oggi, l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Tanto l'organizzazione retta da Rami Abdel Rahman, noto dissidente vicino all'opposizione siriana, quando la Syrian Medical Society, sono due celeberrime imposture con sedi all'estero, lontane dagli scenari bellici, quotidianamente impegnate in attività di propaganda anti-Assad. I loro comunicati continuano ad essere considerati 'veritieri' dagli organi di stampa occidentali e questo è il termometro di un'informazione incompleta e palesemente di parte.

Il rapporto sulla strage di civili ad Idlib ed il presunto uso di armi chimiche, sono notizie diffuse dall'Osservatorio e, dunque, da prendere con le pinze.

Mancanza di prove

In sei anni di guerra civile, Rahman ha accusato Assad di ogni nefandezza commessa in Siria. Nessuno vuole dipingere il presidente siriano come uno stinco di santo, ma le prove attendibili e documentate di tali accuse non solo mai state fornite.

Tornando ai fatti di Idlib, sorge spontanea una domanda. Perché mai Bashar al-Assad dovrebbe decidere di uccidere decine di civili con le armi chimiche proprio adesso, dopo le riconquiste di Aleppo e Palmira, con una tregua in atto con la parte 'moderata' dell'opposizione, con l'Isis in difficoltà e le altre milizie jihadiste praticamente isolate?

Da parte sua, il governo siriano ha smentito seccamente l'uso di armi chimiche sulla popolazione civile ed ha, al contrario, accusato i ribelli estremisti. Ma per tutti i leader occidentali è, come al solito, il grande colpevole. Ad iniziare dagli Stati Uniti dove Donald Trump ha dichiarato 'fuoco e fiamme' contro Damasco ed ha messo sul banco degli imputati Russia ed Iran che sarebbero "moralmente responsabili delle morti" per il loro sostegno ad Assad. Chi sperava nel disgelo tra Washington e Mosca resterà fortemente deluso, ma riteniamo che il grande disegno, prospettato dallo stesso Trump all'indomani del suo insediamento, sia morto sul nascere. Il presidente degli Stati Uniti, in realtà, è 'ostaggio' dei conservatori repubblicani e la recente sconfitta politica alla Camera che ha impedito la cancellazione dell'Obamacare, ne è la dimostrazione.

A proposito di Obama, 'TheDonald' non ha mancato di scoccare una frecciata in direzione del suo predecessore. Secondo il leader della Casa Bianca, anche "Obama è responsabile di queste morti perché non ha fermato Assad quando questi ha oltrepassato la 'linea rossa'", ovvero sia quando in passato avrebbe usato le armi chimiche in azioni militari nonostante il divieto. Peccato che non esista uno straccio di prova di questa violazione, a parte i megafoni del citato Osservatorio di Rahman.

Brancaleone ed il Sultano

Lasciando Trump alle sue contraddizioni, c'è la presa di posizione dell'Unione Europea. La stessa che in Siria ha finora avuto il ruolo della nota 'armata Bracaleone'. A gridare più forte degli altri è il presidente francese Francois Hollande, in cerca di uno spasimo di spessore politico prima della fine del mandato, dopo aver devastato il Partito Socialista prossimo al disastro elettorale.

Le sue urla sono paragonabili a quelle del citato Brancalone da Norcia, con la differenza che quest'ultimo faceva sorridere. Recep Erdogan si mantiene cauto, avrebbe voglia di accusare l'odiato Assad ma le trame in corso tra Turchia e Russia gli impediscono di prendere una posizione nitida. Pertanto, il 'Sultano' si limita a chiamare Vladimir Putin e, senza specificare chi sia da condannare per l'attacco a Khan Sheikhun, definisce l'accaduto "inumano". Da quale pulpito arriva la predica.