Oggi, 2 giugno 2017, si festeggia la Festa della Repubblica. Settantuno anni fa si andava creando una nuova italia, coesa e convinta nella sua ricostruzione: un’Italia fiera della sua identità sociale, un’Italia ferita da una guerra inutile e priva di significato, un’Italia abbattuta dal fascismo e dalle sue ripercussioni.

Con uno sforzo enorme, con uno slancio verso il nuovo e la modernità, è rinata dalle sue stesse ceneri: persino il voto stesso è stato un elemento di innovazione, poiché anche le donne hanno dato il loro contributo al Referendum, sancendo un 54,27% a favore della Repubblica contro il 45,73% a favore della Monarchia.

Già da questo presupposti tecnicamente storici si comprende la grande forza di volontà del popolo italiano, una forza che s’è resa manifesto di una società attenta e consapevole, una società orgogliosa della sua identità antropologica.

Eppure ora, in un momento di crisi (o di lenta risalita, se così si preferisce definire la condizione attuale), come può il popolo italiano essere sempre meno fiducioso nella bellezza democratica della nostra Repubblica? Il nostro stato, per vicissitudini storiche e sociali, ha passato vari e variopinti periodi di microcrisi, di piccole fratture ideali e sconnesse, che hanno fatto sì che la nostra Repubblica crescesse attenta al mutamento degli italiani ed al cambiamento della loro concezione politica.

Nessuno - però - riflette attentamente su quanto gli ordini superiori non possano del tutto, e velocemente, risolvere i problemi dovuti al cambiamento della Storia: ci sono stati casi evidenti, storicamente confermati da scritti accademici, riguardanti il come la corruzione e la burocrazia farraginosa abbiano contribuito alla lentezza delle macchine della Repubblica; il problema è non cadere nell’impasse del Populismo, moda politica internazionale del momento.

Consapevoli - tuttavia - della potenza intrinseca della società italiana, possiamo dire con franca decisione che la Festa della Repubblica costituisca l’evidenza del cambiamento del nostro Stato, uno dei massimi esponenti in moltissimi campi di ricerca e baluardo attivo dell’innovazione tecnologica. Noi però, italiani che spesso critichiamo troppo aspramente, non dobbiamo dimenticare il nostro passato: è solo grazie ad esso, ai nostri tragici errori, alle falle ideologici e pratici commessi dalla politica, che gli italiani sono ciò che sono: il popolo più industrioso ed innovativo d’Europa.