Parcheggi per tutte le mamme, tranne lesbiche ed extracomunitarie

Se tra i gruppi Facebook ai quali siete iscritti ne è presente uno denominato "Perle complottare", dopo quello della madre di Latisana che, vedendo la propria figlia respinta dall'asilo perché mancante di autocertificazione di avvenuta vaccinazione, ha chiamato i carabinieri, non vi sarà sfuggito il post di qualche giorno fa che aveva tutta l'aria di essere una “fake news” – o bufala che dir si voglia –

che informava di un “Regolamento comunale per la disciplina della sosta nei parcheggi riservati alle donne gestanti e alle donne puerpere” emanato dalla città di Pontida, un piccolo paesino di circa tremila abitanti della provincia di bergamo.

Il regolamento in questione ha un incipit che è tutto un programma: tra le finalità, la volontà di “promuovere il sostegno alle famiglie naturali, formate dall’unione di un uomo ed una donna a fini procreativi” e altresì che “Sono esplicitamente esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento comunale i soggetti non appartenenti ad un nucleo familiare naturale”.

Seguono una serie di indispensabili definizioni tra le quali, per chi ancora non sapesse cosa significhi, una di “donna” secondo cui (ai fini del regolamento) “per ‘donna’ si intende un individuo umano con sesso femminile risultante dai registri anagrafici della Città di Pontida”. Dulcis in fundo, una deroga: “possono sostare nelle aree riservate […] anche soggetti non muniti di idoneo permesso, purché siano donne appartenenti a nuclei familiari naturali con cittadinanza italiana o di un paese membro dell’Unione Europea non residenti nella Città di Pontida il cui stato di gravidanza sia evidente o clinicamente accertato”.

Il ripensamento del sindaco

Pertanto, i fatti: un sindaco, un vicesindaco ed un assessore al territorio, rispettivamente nelle persone di Luigi Carozzi, Arveno Mazzoleni, Emil Mazzoleni, con il loro Consiglio comunale hanno emanato un regolamento che descrive requisiti e modalità di richiesta per l’ottenimento di un permesso di sosta auto gratuita nelle cinque aree designate dal comune, riservate alle gestanti.

Ma non a tutte.

Almeno fino a due giorni fa. Fortunatamente.

Il 13 settembre difatti l’Eco di Bergamo ha pubblicato un articolo in cui rendeva noto il dietrofront del sindaco che ha dichiarato che sarebbe stato immediatamente modificato il regolamento, dando la possibilità a tutte le gestanti, indistintamente, di ottenere il suddetto permesso.

Aggiungiamo il fatto che non tutti gli esponenti del piccolo paesino sono concordi sull’affermazione del primo cittadino.

Le mamme sono uguali tutte. E per tutti.

Non è tanto il fatto che donne extracomunitarie o appartenenti a nuclei familiari “naturali” diversi da quelli formati da un uomo e da una donna potrebbero vedersi negata questa piccola agevolazione dei parcheggi riservati, dal momento che – e il comune ha tenuto a specificarlo precedentemente – nel registro non sono attualmente presenti donne non eterosessuali o extracomunitarie; ma il fatto che con questo regolamento il comune abbia pensato seriamente di poter “promuovere il sostegno alle famiglie naturali”, cioè a dire che la mancata possibilità di parcheggiare gratuitamente in una delle cinque zone apposite sarebbe – a parer loro – motivo di ripensamento delle proprie preferenze sessuali.

Per non parlare del fatto che tutte le donne non Europee non risulterebbero essere abbastanza “donne” o abbastanza “gravide” da poter godere di questo diritto.

Nella civilissima provincia di Bergamo, silenziosa città dagli ampi corsi e bellezza arroccata nella Città Alta, non credo che tutti siano stati d’accordo.

Non credo che tutti gli abitanti di Pontida la pensino come chi li amministra. O almeno non voglio crederlo. Perché quei cittadini sono persone come noi, come tutti. È gente che lavora sodo e paga le tasse; è gente che collabora il più possibile al bene comune.

Mentre, doversi recare nel proprio palazzo municipale dichiarando di essere appartenenti ad un nucleo familiare “naturale”, o, in casi estremi e indiscutibilmente da scongiurare, di essere gravide perché vittime di abusi, o di essere state abbandonate dal proprio compagno, questo non è civile.

Non è segnale di progresso dover giustificare le proprie preferenze sessuali. Né tantomeno essere discriminati per la propria provenienza geografica. Perché solo di questo si tratta, non di colore della pelle, né tantomeno di razza. Solo di un punto differente dell’incrocio tra un meridiano ed un parallelo.

Non è necessario farne una questione di Stato né tantomeno una di carattere femminista, perché si darebbe troppo rilievo alla cosa.

Basterebbe forse un tacito e severo dissenso da parte di chi non è d’accordo con tutto ciò che in questi giorni è avvenuto. Non è possibile mettere in discussione i dolori e i disagi incontro ai quali una qualsiasi donna incinta va incontro, perché non si può stilare una classificazione delle gravidanze a seconda che le madri siano lesbiche, etero, italiane, europee o extraeuropee.

Le donne gravide sono tutte uguali. Sono donne, e non c’è definizione di regolamento alcuno che possa fornirci indicazioni su chi sia “più” o “meno” donna. E sono madri. E tutte le madri hanno già fatto la propria scelta coraggiosa di sacrificare tutto, in funzione della vita che portano dentro.

Mi riesce difficoltoso farlo, ma scomodo la Vergine Maria: vi risulta credibile se, per ottenere un permesso di parcheggio, fosse stata costretta ad andare al Comune dichiarando di essere incinta per Virtù dello Spirito Santo, e, per di più, israelita?