L’hanno chiamato in tutti i modi: just soli, come un profumo, x soli, come uno show televisivo. L’hanno anche vituperato in molte maniere, dandogli dello scivolo facile per immigrati che non lo meritano. L’hanno modificato, stravolto, girato e rigirato per farlo piacere ai più. E, infine, lo hanno accantonato, come si fa con la classica patata bollente, per paura di scottarsi in questa fine di legislatura che è già da mesi una campagna elettorale.

Lo ius soli è, letteralmente, il diritto al suolo per chi su quel suolo ci è nato e, quindi, l’ottenimento della cittadinanza.

Esiste in moltissimi Paesi nei quali non si tiene conto del colore della pelle, ma solo, appunto, di dove si è nati. In alcuni altri, invece, esiste lo ius sanguigni per cui basta che uno dei genitori abbia il permesso di soggiorno da un certo numero di anni e viva nello stesso Paese da alcuni in più.

In Italia non ci saltiamo fuori. Ius soli moderato, temperato, mancava solo quello debilitato e avremmo sollazzato ancora per qualche altro tempo l’Europa e il mondo intero. Ma, in realtà, hanno saputo far di meglio: è sparito dal calendario del Senato.

Lo Ius soli scottava troppo

Della sparizione ce ne siamo accorti un giorno fa. Oggi, da Corfù, Gentiloni fa sapere che ci stiamo sbagliando e che l’impegno preso va mantenuto.

Ciò suona scontato, ovvio, se non dice quando. Orfini ribatte allo scettico Delrio che è solo questione di sciogliere il nodo della fiducia al governo.

Ora, che la vita di migliaia di persone possa dipendere dalla “fiducia” che la fazione di un partito scisso possa dare all’atra, è escluso. E ci sarebbe da ricordare a quanti si baloccano con le cose serie comodamente scrannati, che non si può sempre buttarla in caciara e che le beghe di partito non possono, proprio non possono, intaccare le questioni fondamentali dei cittadini.

Una politica onesta, che funziona in modo irreprensibile, non dovrebbe nemmeno per un attimo attenzionare le motivazioni faziose, quando non dichiaratamente razziste, nell’elargire ciò che, oggettivamente, spetta a chi ne ha sacrosanto diritto. Non si può sempre fare le banderule, fa niente se la popolarità cala, tanto risale tra due settimane per un’altra cosa, lo sanno bene i nostri politici. Che ragazzi, ormai italianissimi, non possano esserlo solo perché in Senato ci sono delle bande che si fronteggiano come nei peggiori bar di Caracas, non si può più sentire.