Quarant'anni fa si consumava la tragedia di Aldo Moro in un'Italia già decadente. In coloro che c'erano e ricordano la memoria ha lasciato il segno dello smarrimento di fronte alla Tv: le immagini della concitazione durante il giorno del rapimento, accompagnate dalle voci ansimanti e gravi della cronaca raccontata da Paolo Frajese e Bruno Vespa. S'intuiva il dramma di un episodio senza precedenti. Poi, lo sgomento in quel 9 di maggio: anche in chi era troppo giovane per capire non potevano che emergere interrogativi, mille perchè, al tempo rimasti senza risposta.

La "geometrica potenza" del nulla

Il delitto Moro portava a compimento la "geometrica potenza" proclamata da Franco Piperno. Ma che dietro quella frase ci fosse il nulla provò a farlo comprendere Alberto Ronchey in un famoso editoriale sul Corriere della Sera del 18 marzo 1978, denunciando l'assurda tesi del complotto internazionale: “per una tendenza cospicua dell’opinione, la stessa efficienza spietata dei terroristi sarebbe prova che dietro c’è una mano straniera. Sono efficienti, dunque stranieri o diretti da stranieri. A questo è giunta l’alienazione collettiva”. Aveva ragione Ronchey a spiegare quanto il terrorismo fosse l'effetto di uno stallo politico e sociale tutto italiano. E quanto la crisi fosse già profonda emerge con parole limpide da quello stesso editoriale intitolato "Le due debolezze": "E' l'ora di capire che in ogni aspetto del dissesto italiano, dall'ordine pubblico alla giustizia e dall'economia all'istruzione pubblica, si nasconde una cronica debolezza sentimentale per la inefficienza, per la nebulosità dei processi razionali, per il rifiuto a commisurare mezzi e fini, che si ammantano di permissività e provvidenzialismo, come di bonomia e vittimismo.

E l'inefficienza, l'autoindulgenza, il difetto di lucidità, scrupolo e rigore, non sono dati accidentali ma fatti morali." Ma le brigate rosse scrivevano di "processi del popolo" e "imperialismo delle multinazionali". Banalità pseudo-intellettuali infarcite di sciocchezze. Un angosciato Aldo Moro si sarà reso conto subito, disperatamente, della pochezza dei suoi carcerieri.

Aldo Moro libero: una scelta che avrebbe devastato il quadro politico

La crisi delle istituzioni, esacerbata dal sistema dei partiti, avrebbe probabilmente subito una notevole accelerazione con Aldo Moro libero, dopo quanto lo statista democristiano aveva scritto nelle sue lettere durante la prigionia. Voleva salvarsi ed ha tentato di fornire un elemento di utilità Politica ai terroristi.

Invece di celebrare farseschi processi, sarebbe bastato seguire ed indurre Moro ad approfondire quei temi per produrre un effetto devastante già durante quei cinquantacinque giorni. Al termine, prendere al balzo la palla lanciata da Paolo VI con quel suo appello accorato "agli uomini delle brigate rosse" e consegnare Moro al Vaticano, come gesto di ossequio all'unica istituzione credibile (almeno allora). Avrebbero così, pur se dalla prospettiva di una vicenda d'ingiustificabile, assurda violenza, dimostrato la volontà d'incidere sulla vita politica del Paese. Macchè. I brigatisti del vuoto pneumatico, incapaci di chiedere in cambio della vita di Moro anche solo provvedimenti governativi su economia e lavoro, si chiudono nei loro falsi miti rivoluzionari, apparendo per quel che erano: un branco d'ignoranti in armi degni di una banda di teppistelli di periferia.

9 Maggio 1978: assassinio di Aldo Moro, gesto insensato, crudele, vile

Era già accaduto il 16 marzo con l'eccidio della scorta in Via Fani. Poi è la volta di Aldo Moro. Di fronte ai vigliacchi a pagarla sono sempre coloro che si trovano in stato di debolezza. Si compie così una vicenda italiana, intrisa di falsi complotti e di cliché pseudo-rivoluzionari. Aldo Moro è l'agnello sacrificale sull'altare dello status quo. A vincere è un quadro politico bloccato, vanamente reazionario, inutilmente parolaio. Le riforme, necessarie fin dagli anni '60, rimangono lettera morta. Come oggi. A quarant'anni di distanza, lungo il cammino di una crisi divenuta un'orrenda metastasi. Non a caso, in quello stesso giorno veniva assassinato anche Peppino Impastato, vittima di un branco di vili delinquenti di mafia. Altra matrice. Medesima decadenza. Ma non se ne accorse quasi nessuno.