Alla fine l'Italia è riuscita ad avere un Governo. Nella patria di Goldoni e della Commedia dell'Arte, ciò che altrove viene fatto in modo logico, seguendo l'ovvietà di un risultato elettorale, da noi ha richiesto la messinscena di un melodramma nazional popolare.

Il ministero chiave

Alla fine Mattarella, giocando la carta Cottarelli ha abilmente messo spalle al muro Salvini e Di Maio, che rompendo in malo modo (utilizzando allo scopo la “scusa” Savona) pensavano di essersi tolti dall'impaccio di dover mantenere le loro promesse, per ripresentarsi alle elezioni in veste di vittime del sistema e fare il pieno di voti.

Sì, perchè non votando un Governo da “emergenza nazionale” si prendevano la bella responsabilità di vedere il Paese, colpito e affondato a colpi di spread. Hanno capito che i giochi erano finiti e che non erano loro i vincitori. Ecco allora che Savona viene spostato e che al ministero chiave, quello dell'economia ci va Tria. Chi è costui e quali idee ha?

Tria un tecnico con le idee chiare

Tria, ordinario di Economia politica a Tor Vergata, è da sempre persona attenta alle esigenze di bilancio e che non appartiene certo alla categoria di coloro che sostengono la necessità di andare a Bruxelles a “battere i pugni sul tavolo”, anche perchè chi ci ha provato, più che altro è andato a sbattere.

Per quanto riguarda gli aspetti salienti del “contratto di Governo” egli ha avuto modo di esprimere quanto segue:

  • reddito di cittadinanza: egli lo considera una sorta di disoccupazione aumentata, piuttosto che un reddito da fornire a consumatori a spese dei lavoratori.

  • Flat tax: qui Tria è decisamente favorevole, non tanto per stimolare i consumi, quanto per favorire l'afflusso di capitali e abbassare il costo del lavoro, ma con molta prudenza nel determinare le aliquote, per non creare buchi di bilancio

Rivoluzione in vista, nel segno dell'ortodossia economica del mainstream

Quindi siamo prossimi ad una rivoluzione?

Si potrebbe dire che finalmente, siamo prossimi ad una normalizzazione: infatti Tria si muove nel solco economico dei Paesi guida: ovvero pensa che per ottenere flat tax e “reddito di cittadinanza” si possa e si debba spostare la tassazione dal lavoro alle imposte indirette, cioè sui consumi, cioè sull'Iva. Si può pensare che sia giustissimo, perchè in questo modo chi più consuma i beni voluttuari, perchè ricco, pagherebbe in tasse molto di più di una persona a stipendio fisso e basso che questi beni non li compra.

Permettendo di gonfiare un po' le buste paga dalla classe media e bassa. Questo da anni viene fatto nel resto del mondo (evoluto economicamente) e dunque si tratterebbe non di rivoluzione ma, finalmente di normalizzazione dell'eccentricità italiana. Ecco cosa afferma Tria a tale proposito: “Inoltre, non si vede perché non si debba far scattare le clausole di salvaguardia (volute da Renzi) di aumento dell’IVA per finanziare parte consistente dell’operazione (....) impedire l’aumento dell’Iva recuperando risorse da un’altra parte, con tagli di spesa o aumenti di altre tasse, non muta di certo il presunto effetto recessivo”.

Punto debole di questo pensiero è il fatto che tali clausole sono state previste per ottemperare agli impegni di bilancio e non per coprire provvedimenti quali la flat tax, ma resta pur sempre una base sulla quale merita ragionare.

Tria e l'Ue

Per quanto concerne l'Euro e l'Unione, egli è un euroscettico che non considera l'euro irreversibile, ma che debba necessariamente essere supportato da una collaborazione tra Paesi che ora non c'è. Ma, come i mercati ci hanno subito spiegato, è meglio smetterla di abbaiare alla luna, ventilando improbabili pugni sui tavoli, uscite dall'euro nel weekend con ritorno il lunedì o improbabili complicità/collaborazione da altri Paesi dell'Eurozona. Come la Brexit e la Grecia ci dimostrano, non ce ne saranno, nemmeno dai cosiddetti Paesi euroscettici del blocco di Visegrad.