Nell'ultimo intervento alla fiera del levante di Bari, il ministro del lavoro Luigi Di Maio ha dichiarato che verrà introdotta entro la fine dell'anno una normativa per disciplinare le chiusure domenicali obbligatorie e in generale gli orari di apertura nei giorni festivi. Si tratta di un'inversione di tendenza rispetto alla liberalizzazione del settore avviata dal Governo Monti e sarebbe motivata dall'intento di migliorare la situazione familiare degli operatori che oggi si trovano a lavorare durante i giorni festivi.

Si tratta di una misura che potrebbe avere significativi risvolti negativi sia sull'occupazione che sui consumi, considerando che in Italia nel 2016 quasi un quarto dei gli occupati (4,7 milioni di lavoratori pari al 24.1% del totale) ha lavorato durante i festivi e 4 su cinque di questi (3,7 milioni pari al 19,8%) avevano un contratto di lavoro dipendente.

La ratio fallace delle chiusure domenicali

Alla base del discusso provvedimento c'è un impostazione ideologica di tipo paternalista, in base alla quale l'apertura degli esercizi commerciali durante i giorni festivi comporterebbe un ingiusto e inutile sacrificio della vita personale dei lavoratori. L'inutilità deriverebbe dalla constatazione che i consumi che oggi avvengono durante le festività, qualora venisse introdotta una chiusura obbligatoria, finirebbero semplicemente per essere traslati sui giorni lavorativi.In quest'ottica, appare conveniente ridurre le ore lavorate nella prospettiva che il fatturato dei negozi rimanga sostanzialmente invariato.

Si tratta tuttavia di ragionamento fallace per almeno due motivi.

In primo luogo, alcuni consumi sono collegati all'apertura nei giorni festivi e, se questa venisse meno, semplicemente sparirebbero: chi fa la spesa al centro commerciale di domenica, talvolta si ferma a mangiare ai ristoranti e coglie l'occasione per fare delle compere non pianificate. Trasferendo la spesa nei giorni lavorativi, quando è necessario far quadrare orari di lavoro e studio eccetera, è plausibile che certi acquisti semplicemente non vengano più effettuati.

In secondo luogo, modificare la frequenza e la comodità con la quale è possibile effettuare i propri acquisti potrebbe indurre i consumatori a modificare le proprie preferenze, scegliendo alcuni prodotti rispetto ad altri e preferendo i punti vendita più vicini al lavoro oppure quelli che rimangono aperti fino a tardi. Non esiste pertanto alcuna evidenza a fronte dell'ipotesi che, introducendo chiusure domenicali obbligatorie, il fatturato degli esercizi commerciali che oggi rimangono aperti non ne risentirebbe anche in modo sensibile.

Il problema dell'occupazione e dei consumi

L'esternazione del vicepremier appare probabilmente volta a mantenere il consenso nei confronti dell'esecutivo, soprattutto da parte di una certa base elettorale ostile alla grande distribuzione e desiderosa di favorire i piccoli esercizi commerciali. L'introduzione di chiusure domenicali obbligatorie e di restrizioni all'apertura durante i festivi appare tuttavia una scelta alquanto rischiosa con riferimento alla debole crescita economica e al basso livello di occupazione del nostro paese.

Mentre i benefici in termini di serenità familiare dei lavoratori e di tutela dei piccoli esercizi commerciali sono tutti da dimostrare, l'effetto di riduzione dei consumi, causato dalla ridotta opportunità di poter effettuare acquisti, appare altamente probabile, così come praticamente certo sarebbe l'effetto sull'occupazione a causa della riduzione negli orari di apertura degli esercizi commerciali.

Secondo uno studio del 2015 pubblicato dal Centre for Economic Performace, a cura di Christos Genakos e Svetoslav Danchev, che ha analizzato dati su 30 paesi europei nel perido 1999-2013, esiste una relazione diretta tra deregolamentazione delle aperture durante i festivi e occupazione che aumenta sia per l'apertura di nuove attività commerciali, sia per nuove assunzioni in quelle già esistenti.