"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?". Così sta scritto nel Vangelo di Luca. Sembra una citazione strana, ma a pensarci bene è esattamente ciò che sta accadendo proprio in questi giorni nella Politica italiana. Il ministro del Lavoro e dello sviluppo economico, capo politico del MoVimento 5 Stelle, è stato coinvolto in un caso strano: è infatti emerso, da un servizio del programma televisivo Le Iene, che all'interno dell'azienda di famiglia di Luigi Di Maio vi era lavoro nero.
Chiunque abbia buona memoria, si ricorderà per certo che fu proprio il MoVimento, su chiunque altro, a mettere alla gogna il padre di Matteo Renzi e il padre di Maria Elena Boschi, per gli affari poco chiari che facevano, affari i quali erano giustamente stati denunciati da parte dei pentastellati. Ora si vedrà come il ministro Di Maio difenderà se stesso e la propria famiglia.
Non è la stessa cosa
Un osservatore attento potrebbe contestare che non si tratti della stessa cosa. Facendo mente locale, infatti, si ricorderà come Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, era stato indagato per affari che riguardavano la Consip, società italiana, concessionaria dell'appalto più grande d'Europa. Per questo fu poi assolto da ogni accusa (tanto che Il Fatto Quotidiano è stato condannato, in sede civile, a risarcire i danni all'immagine al padre di Renzi, per una cifra, in primo grado, di 95.000 euro).
Però, a rifletterci bene, non si tratta della stessa cosa: se infatti era coinvolto lo Stato in forma diretta, sia nel caso del padre di Renzi (Consip, ricordiamo che è stato assolto), sia nel caso del padre della Boschi (Caso Banca Etruria), nel caso del padre di Di Maio siamo davanti ad un reato, dato incontestabile ed incontrovertibile, ma in cui lo Stato italiano è parte lesa.
Infatti, quantomeno per ora, non sono emersi contatti e favori fatti da parte del ministro Di Maio nei confronti del padre. La giustizia farà il suo corso, e se il padre di Di Maio ha sbagliato, pagherà. Ma attenzione a confondere le cose.
Da figli di papà a papà di figli
Un'ultima, amara, riflessione verte su una controtendenza riscontrabile in questi ultimi anni all'interno della politica italiana: se fino a qualche anno fa il nepotismo diffuso in Italia era quello dei figli di papà, oggi si riscontra che sono i papà dei politici che, forti delle posizioni istituzionali dei figli, si comportano in modo, quantomeno, opinabile.
La riflessione è che, se il cambio generazionale, in politica, è in atto (qualche ultra sessantenne ancora si aggira nei palazzi del potere, sia chiaro), mette un certo senso di inquietudine questa tendenza, tutta dannatamente italiana, di sfruttare la posizione di qualcuno vicino (parenti o amici) per fare cose poco chiare o comunque contrarie alla legge. La domanda ora sorge spontanea: smetteremo mai di pensare che, siccome quello è amico di quell'altro, allora si può fare tutto? La strada della meritocrazia sarà finalmente intrapresa nel nostro paese?