In due anni, uccisi 282 leader sociali e difensori dei diritti umani. In tre mesi, 120. Nei primi sei giorni del 2019, 6.
Numeri che sconvolgono nonostante la lontananza e la poca conoscenza di questi Paesi lontani dalla nostra realtà europea e, a confronto, molto più rosea. Numeri che sono persone, padri di famiglia, donne che hanno perso già molto, esseri umani che non riescono a non lottare per la giustizia. Quella giustizia che anche in altri Paesi dell'America Latina, come per esempio l'Argentina, procede in maniera lenta e burocratica per poi stabilire delle condanne tremendamente leggere se rapportate al fatto che sta alle loro spalle: due mesi per aver violato una ragazzina, nessun mese per un ragazzo dichiarato morto per cause naturali quando protestava in una manifestazione e scomparve dal nulla tutto ad un tratto.
Una donna che lottava
E lo stesso in Messico, ora in Colombia. Stai tornando a casa la sera, ti assalgono delle persone che ti vogliono morta - e tu stai solo tornando dai tuoi figli già orfani di padre -, e non importa quanto veloce provi a correre: il tuo destino è segnato, ti chiami Maritza Quiros Leyva e morirai il 6 gennaio 2019. E ci saranno i commiati dei politici, di alcune istituzioni, dopodiché sparirai, sarai una "desaparecida" nella loro mente e in quella delle altre milioni di persone che vivono nel tuo Paese ma hanno dimenticato come si discerne la giustizia dall'ingiustizia; hanno dimenticato il pensiero critico o pensano di non meritarlo, perché sono anni, secoli, masse enormi di tempo che si ritrovano sotto a qualcuno che è più grande e forte di loro e che li nutre di rassegnazione violenta.
Perché ci riguarda
Di fronte a questo ed ad altri fatti del mondo - in particolare quel mondo che non ci tocca troppo, perché alla fine pure noi ci siamo adeguati a questa realtà individualista in cui ci interessa solo ciò che ci concerne direttamente -, sorge spontaneo chiedersi come sia possibile. Come si è arrivati a questo punto.
Come è diventato l'uomo ciò che dimostra di essere in questi frangenti. Forse tutto comincia quando ti tolgono la possibilità di pensare, di allenare la tua mente affinché possa sviluppare una certa criticità; è questo ciò che accade alla maggioranza delle persone sudamericane, in questo caso colombiane, che vivono effettivamente in quel mondo: non hanno più la forza di pensare, di protestare, anche solo di desiderare qualcosa di diverso.
Il loro coraggio è sotto cloroformio, e quelli che l'hanno fatto rivivere ora si ritrovano morti.
Chiediamoci se siamo coraggiosi, almeno nel nostro piccolo; e impariamo ad aprirci al mondo e a denunciare ogni ingiustizia, vicina o lontana che sia. Perché in quel mondo lontano c'entriamo anche noi o chi ha la nostra stessa nazionalità. Perché in un altro mondo - anch'esso periferico -, c'entriamo anche noi o chi del nostro Paese gioca uno sport che risveglia anime più di quanto lo facciano le cose davvero essenziali. Perché tutto il mondo, in questi casi più che mai, è paese.