Era una notte particolare, era la notte di Santo Stefano, era la notte che chiudeva una giornata di calcio, proprio nel giorno del protomartire della Chiesa Cristiana. Era semplicemente la notte di San Siro: Inter contro Napoli, la terza contro la seconda in classifica alla 18esima giornata.
Gli scontri tra i tifosi insanguinano la notte di San Siro
Peccato, però, che anche questa volta la magia del calcio debba essere spezzata e insanguinata, proprio come è stata spezzata la vita di un sostenitore interista, tranciata di colpo da un suv in via Varese a Milano.
Anche questa volta la magia del calcio deve soccombere a gente a cui non importa nulla dello spettacolo offerto da ventidue calciatori che rincorrono un pallone. Essi vogliono solo combattere fra di loro a colpi di bottiglie, coltelli, per determinare chi è il più forte, come nella giungla, o peggio ancora, come nel far west.
Daniele, vittima degli scontri, secondo il padre voleva solo 'sfogarsi'
E poi c'è quel tifoso, Daniele Belardinelli, vittima di questi ignobili scontri. A dire la verità, Daniele era un ultrà di Varese, 35enne, sostenitore dell'Inter, sposato e padre di due bambini, con una forte passione per le arti marziali e per gli sport da combattimento. Lavorava come piastrellista in un'azienda del Canton Ticino.
Sebbene avesse ricevuto due Daspo dalla polizia, si dice fosse un tifoso non violento, solamente "un casinista" come lo ha definito il padre in un'intervista. A Daniele piaceva "togliersi la maschera" del padre di famiglia, del buon lavoratore, per "indossare" quella del tifoso, pronto a recarsi allo stadio per "sfogarsi", per "scrollarsi di dosso" tutte le preoccupazioni, concentrandosi a godersi lo spettacolo.
Insomma, un personaggio pirandelliano a tutti gli effetti.
Koulibaly, altra vittima dei cori maledetti
Ma un'altra brutta fotografia di quella che doveva essere la notte di una semplice partita di calcio, è stata scattata, purtroppo, a Koulibaly, difensore del Napoli vittima di insulti razzisti nei suoi confronti durante lo svolgimento dell'incontro.
Un'immagine che causa nel difensore senegalese nervosismo, rabbia e delusione. È nervoso per gli insulti razzisti che gli piovono dagli spalti praticamente dall'inizio della partita. È arrabbiato con il direttore di gara dopo un fallo causato da lui stesso che gli vale l'ammonizione ma subisce anche l'espulsione per un applauso ironico rivolto all'arbitro. Infine è deluso per aver lasciato la sua squadra in 10 ma soprattutto è deluso del comportamento di quella gente che ancora continua a far male al mondo del calcio con insulti e cori razzisti.
Riflettere e agire: due parole per 'cambiare' il calcio
In quella notte si formò un collage di immagini che devono far riflettere, ma la riflessione deve essere condotta da ognuno di noi.
Non basta che intervengano le forze politiche con promesse, annunci volti a punire i tifosi che impregnano di vergogna il calcio; non basta che allenatori, dirigenti e calciatori denuncino questi episodi e propongano di sospendere le partite o chiudere le curve al pubblico. Tutto ciò non basta. Il segreto per "vivere" bene il calcio sta in ognuno di noi e si nasconde nei piccoli gesti della vita. Non è difficile uscire di casa solo con sciarpe e magliette del colore della propria squadra e non con coltelli o simili. Non è difficile andare allo stadio tranquillamente con la propria auto o con qualsiasi mezzo pubblico ed evitare di cercare con ogni mezzo lo scontro con i tifosi avversari. Non è neanche difficile entrare allo stadio e godersi la partita, senza pronunciare frasi offensive e antisemite, ma tifare per la propria fede calcistica.
Non è difficile, eppure evidentemente non ci riusciamo, e lo spettacolo del calcio ne subisce le conseguenze.