La nave Ong SeaWatch 3 è ancora ferma a un miglio dalla costa di Lampedusa.
Ieri, 27 giugno, la comandante Carola Rackete aveva dichiarato lo stato di necessità poco prima di avventurarsi nelle acque territoriali italiane, il tutto per garantire un porto sicuro alle 42 persone a bordo della nave. Tuttavia, nonostante siano trascorse circa 24 ore dall’ingresso in territorio nazionale, nessuno sta garantendo sicurezza. Solo la promessa della Guardia di Finanza, salita a bordo per il controllo dei documenti, di una soluzione nel giro di qualche ora.
Soluzione che, se tardasse ulteriormente ad arrivare, sarebbe ignorata, per provare di nuovo a entrare in porto.
Lo sbarco di due naufraghi
Ieri sera intorno alle 23:00, dalla nave è sceso il più piccolo dei 42 migranti, un bambino di undici anni, e il fratello, trasportato su una barella, dopo un confino di 15 giorni. Una motovedetta della Guardia Costiera italiana li ha condotti sul molo Favarolo e, dopo una visita in ambulatorio, sono stati trasferiti all’hotspot di Contrada Imbriacola.
Solo due. Gli altri quaranta naufraghi rimangono a bordo di una nave di cinquanta metri, in una situazione di stallo, nell’incertezza delle trattative tra le autorità italiane e l’equipaggio.
Stesi a poppa, a difenderli dall’afa e dal Sole cocente, un telo di plastica legato al ponte tramite cavi.
Cappelli e asciugamano coprono loro il capo, ma il caldo risulta spietato, sembra non dare tregua. Il sole che abitanti e turisti di Lampedusa cercano, anelano per un’abbronzatura omogenea, lo stesso sole, risulta impossibile da sopportare per chi sta dalla parte sbagliata dell’orizzonte.
Nonostante il divieto dettato dal decreto sicurezza bis emanato dal Ministro degli Interni Matteo Salvini, la consapevolezza di dover pagare una multa che va da 10 a 50 mila euro e l’iscrizione da parte della procura di Agrigento nel registro degli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la capitana e tutto l’equipaggio rimangono preoccupati per la salute delle persone a bordo.
Una conferenza stampa sulla nave
La situazione è stata ancora una volta esternata e spiegata durante una conferenza stampa improvvisata a bordo della SeaWatch 3, con un gruppo di parlamentari e politici. La scelta di fare rotta verso l’Italia è stata decisa in seguito alla negazione di una risposta per un porto sicuro in cui sbarcare anche da parte di altri Paesi, tra cui Malta e l’Olanda (il Paese della bandiera della nave Ong).
Presenti alla conferenza stampa i parlamentari dell’opposizione Graziano Delrio, Davide Faraone, Nicola Fratoianni, Matteo Orfini e Riccardo Magi, per cui Salvini ha chiesto l’arresto, in seguito alla decisione dei politici di rimanere a bordo fino al momento in cui saranno fatti sbarcare i naufraghi.
Il ministro degli Interni ha, inoltre, ribadito che non permetterà alla nave di attraccare.
Al porto di Lampedusa presente anche un altro gruppo di parlamentari con l’intento di condurre la trattativa con le autorità italiane.
Un’altra via è possibile
Dopo la decisione di Rackete di entrare in acque nazionali, è inoltre partita sul web una raccolta fondi per aiutare tutta l’organizzazione nel pagamento della multa prevista.
In pochissimo tempo la quota ammonta già a circa 200 mila euro.
Portogallo, Germania, Francia e Lussemburgo hanno annunciato la volontà di accogliere i 40 migranti della SeaWatch 3.
Il Forum Lampedusa Solidale, insieme a don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, ha creato un accampamento davanti al sagrato della chiesa del paese, passando la nona notte consecutiva fuori, sensibilizzando a favore dello sbarco immediato dei migranti. Proprio quel sagrato, proprio quella piazza sono stati negli anni uno dei più importanti simboli dell’immigrazione sull’isola.
Purtroppo, però, c’è anche chi, non dimostra la stessa solidarietà. Sono in tanti a rimanere indifferenti o a essere apertamente ostili, spiega Paola Pizzicori del Forum Lampedusa Solidale.
Continua affermando che sull’isola avvengono quotidianamente degli sbarchi spontanei, soprattutto dalla Libia e dalla Tunisia.
Impossibile, quindi, non percepire il clamore per i 42 naufraghi salvati dalla SeaWatch 3 come puro strumento politico.