Bce. La rigidità della posizione di Christine Lagarde sugli interventi economici da adottare per il superamento della crisi da coronavirus è durata poco più di 48 ore. La sera del 12 marzo scorso la Presidente della Bce, nell'adottare un programma di acquisto di soli 120 mld di euro aveva dichiarato che il suo scopo non era “chiudere gli spread”. Inoltre aveva aggiunto che non avrebbe mai fatto “whatever it takes” (tutto il possibile) per salvare l'euro dalla crisi.
Erano bastate queste frasi per far crollare tutte le borse europee e a far schizzare gli spread, tanto da far temere agli esponenti di Affari e Finanza la rimessa in discussione delle fondamenta della moneta unica.
Milano in particolare subiva un calo del 17% e lo spread italiano toccava i 320 punti. Tali dati hanno messo all'angolo i falchi nordici e soprattutto Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, grande ispiratore della Lagarde.
In cosa consiste il nuovo 'quantitative easing' della Bce
La presidente, quindi, è stata costretta a convocare in streaming una riunione notturna del Consiglio direttivo della Bce che si è conclusa con il varo del ‘Pandemic Emergency Purchase Programme‘ (Pepp). Tale programma è stato annunciato intorno alle 23:30 dello scorso 18 marzo con un comunicato del Consiglio direttivo Bce. In esso la Bce esprimeva il suo impegno a dare sostegno a famiglie, imprese, banche e governi dell’area dell’euro "nel corso di questi tempi così estremamente duri".
Il Pepp è sostanzialmente un nuovo “quantitative easing” che prevede una mega iniezione di liquidità pari a 750 miliardi di euro (anziché 120) in favore delle famiglie e delle imprese, rassicurare i mercati e fronteggiare la crisi provocata dal Coronavirus. La Bce, quindi, ha finalmente preso atto che la presente crisi ha colpito l’offerta e il mercato finanziario.
Acquisterà titoli pubblici e privati, ma anche i “commercial paper”, cioè le cambiali e i prestiti a breve termine che costituiscono l'esposizione di molte aziende.
Nel comunicato, inoltre, il Consiglio direttivo Bce ha dichiarato che, se del caso, avrebbe anche superato quei limiti alla propria azione che Mario Draghi aveva dovuto “autoimporsi” per volontà della Bundesbank.
Tali limiti erano principalmente il tetto massimo di acquisto del 33% su ciascuna emissione di titoli e quello della limitazione geografica per ciascun Paese in proporzione della quota posseduta di capitale della Banca centrale.
La presidente della Bce affida a Twitter le sue comunicazioni
Ciò significa che la Bce potrà indirizzare liberamente i propri acquisti in quei paesi dove vi sarà necessità di “chiudere” gli spread. Potrà infatti effettuare acquisti anche dei titoli greci, sinora esclusi dal quantitative easing di Mario Draghi. Proprio il contrario di quanto asserito dalla Lagarde 48 ore prima.
Il Pepp, inoltre, non ha un massimale mensile prestabilito. In ogni caso, la sua azione non si concluderà prima della fine dell'anno.
Comunque: "finché la Bce non giudicherà che la crisi da Covid-19 sia finita".
A decisioni prese, Christine Lagarde ha esternato la sua nuova filosofia d'intervento via Twitter: “Non ci sono limiti all’impegno della Bce per l’Euro” ha scritto. Taluni osservatori hanno accostato tale frase a quel ‘whatever it takes‘ di Mario Draghi che proprio Lagarde non aveva voluto far propria pochi giorni fa. Ma la sterzata della Bce ha anche altri retroscena e non si deve solo alla reazione ai catastrofici dati delle borse e degli spread di alcuni giorni fa.
Pressioni del governo francese sulle decisioni della Bce
Molti investitori, infatti, prevedevano anche un consistente calo del Pil di Eurozona a seguito del coronavirus.
Si parlava di una recessione media intorno al 5%, accompagnata da forti rialzi del debito dei singoli Stati membro. Per l'Italia alcune fosche previsioni del 2020 vedevano il Pil ridursi in una forbice compresa tra il 6 e il 10% e il debito pubblico toccare il 150% del Pil. Anche gli Oat francesi (i loro Btp) erano stati costretti a rialzare i rendimenti dopo le infelici frasi della Lagarde.
Per tale motivo, sembra che a spingere per la riunione d’emergenza del Consiglio direttivo Bce sia stato soprattutto il governo francese. Il ministro delle Finanze transalpino aveva chiesto, infatti, un intervento “veloce e massiccio” e il governatore della Banca di Francia un’azione “assolutamente determinata”. Va detto infine che, intervenendo con il Pepp si avrà più tempo per discutere del fondo di salvataggio Mes per il quale i governi europei non hanno ancora trovato l'accordo.