Il dibattito intellettuale che scaturì dalla crisi dell'euro del 2008 riguardo i rapporti tra i poteri democratici all'interno dell'Unione Europea è oggetto di discussione ritornato dopo il dramma della pandemia da Covid-19. Le crisi portano sempre a riflessioni profonde, anche quando queste scaturiscono da agenti esterni come un virus, e sembrano quasi diventare occasioni per correggere eventuali aporie (vediamo, ad esempio, come la pandemia abbia riacceso la discussione sui tagli alla sanità pubblica in Italia). Alcune situazioni di stallo dell'Unione Europea durante la pandemia hanno fatto tornare in auge la riflessione Politica e teorica sul come funziona la democrazia europea, che resta oggi una questione fondamentale per il futuro geopolitico del continente.

Il punto è capire quanto l'Unione Europa subisca l'influenza del voto dei cittadini europei. Qui di seguito ci sono alcune osservazioni di Noam Chomsky, intellettuale statunitense e teorico della comunicazione, e del nostrano Alessandro Barbero, storico e divulgatore.

La posizione di Chomsky sull'Unione Europea: pregi e difetti dell'UE

Noam Chomsky sulla questione europea ha rilasciato il 31 maggio 2021 questa interessante videointervista ad Ansa e disponibile in rete. Analizza pregi e fallimenti della struttura dell'Unione Europea, evidenziando quello che a suo avviso è l'anello debole della catena, ovvero l'inesistenza di sistema di democrazia diretta, di mancanza di potere dei cittadini europei nei confronti dell'istituzione in questione.

''L'Europa ha potenzialmente la capacità di essere una forza importante nelle relazioni internazionali. [...] La popolazione benestante e istruita potrebbe essere una forza importante negli affari mondiali, ma non può esserlo a meno che non superi i problemi interni. L'unione Europea ha aspetti positivi e negativi ed è molto importante salvare gli aspetti favorevoli.

La libera circolazione, ad esempio, supera gli aspetti molto sfavorevoli. Un aspetto molto dannoso dell'Unione Europea è l'accentramento del potere e la rimozione del potere dalle popolazioni, (che detengono) attraverso i loro parlamenti, verso dei burocrati non eletti a Bruxelles: la troika che prende le decisioni principali.

Il fatto che questi abbiano un grande potere decisionale è una carenza molto grave della struttura. Questo può essere recuperato e porterebbe l'Europa a non sottomettersi ad una potenza straniera''.

La riflessione di Alessandro Barbero sul rapporto democrazia popolare-UE

Durante una sua intervista gestita da Massimo Bernardini, Alessandro Barbero ha sollevato parecchi dubbi sull'effettiva valenza democratica dell'Unione Europea. L'intervista fa parte di un evento organizzato dal Circolo Culturale di Coreggio Primo Piano nel dicembre del 2019, quindi antecedente la pandemia da Covid. L'intervistatore espone una domanda allo storico piemontese riguardo la crescente sfiducia dei cittadini europei verso l'Unione Europa, chiedendosi se questo umore possa mettere in pericolo la democrazia.

Barbero risponde attraverso un excursus sul ruolo del parlamento nella storia europea dal Medioevo a oggi, passando dalla Rivoluzione francese, sostenendo che un organo parlamentare è tale se ha la possibilità di ''far cadere un governo''. Poi chiude con una riflessione sul parlamento europeo attuale:

''Il fatto che viviamo in un'età liberale si vede dal fatto che il governo, nominato dal re o dal Presidente della Repubblica, deve avere l'approvazione del parlamento eletto dal popolo. Quando il parlamento non vota la fiducia il governo cade. Io come molti di noi non ho le idee chiarissime di come funziona l'Europa, ma non mi sembra che funzioni così. Non mi sembra che tutti i giorni la Commissione europea, o chi per essa, prenda decisioni e tutti i giorni debba andare in Parlamento con il rischio di cadere e se ne deve fare una nuova.

A me non sembra che funzioni così, e se funziona così riesce a non farlo vedere molto bene. [...] Il parlamento europeo se non ha potere sul governo europeo non serve a nulla. La sensazione che il governo europeo non è un governo soggetto al nostro voto e che se noi decidiamo che non ci piace cade, assomiglia di più alla Corte di Vienna".

Il punto comune tra Barbero e Chomsky

Si evince da tali dichiarazioni, quelle di Barbero del 2019 e in quelle di Chomsky del 2021, una forte analogia nel sollevare un problema che dovrebbe essere serio oggetto di dibattito della politica, e non solo di storici, linguisti e accademici: l'effettivo ruolo della democrazia nell'Unione Europea. La percezione di avere un organismo sovranazionale che non è soggetto al nostro voto, o meglio, sul quale in nostro voto può dire poco, rischia di aumentare il sentimento antieuropeista non solo in Italia ma in tutta Europa. Ma, come dice Chomsky, questo è un problema risolvibile e porterebbe addirittura l'Europa a essere più indipendente nel gioco delle relazioni mondiali.