L'Associazione Nazionale Magistrati prende la parola per scagliarsi contro la riforma della Giustizia al vaglio dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi. Il giudizio espresso nella nota pubblicata oggi sul sito delle toghe è tagliente e severo: "le iniziative dell'Esecutivo consistono in interventi contenuti e sono in parte frutto di compromesso". Il compromesso che non piace ai giudici riguarda il fatto che il progetto sia stato scritto a quattro mani da Pd e FI. E sono proprio gli antichi livori tra il mondo della magistratura ed il partito di Silvio Berlusconi a fare da leit-motiv all'intervento odierno.

Le toghe sostengono infatti che i Democratici abbiano dovuto accettare i diktat di Forza Italia e lamentano che la riforma non intervenga concretamente laddove ve ne era maggior bisogno, ovvero sulla necessità di allungare i tempi della prescrizione, che continua a falcidiare migliaia di processi sani; di immettere nuovo personale per garantire maggior speditezza e, soprattutto, di dotare i magistrati delle armi necessarie per perseguire i crimini legati alla corruzione ed al malaffare politico.

Numerosi i fronti aperti, in campo penale: anzitutto l'ANM sottolinea che il progetto dell'esecutivo lasci intatta la legge ex Cirielli sulla prescrizione breve, definita nel comunicato senza mezzi termini come "norma ad personam".

Inoltre, le nuove norme sulle intercettazioni sarebbero volte ad ostacolare le indagini e l'amministrazione della giustizia mentre, con riferimento ai nuovi reati di falsità in bilancio e di autoriciclaggio, si teme che si realizzi "una riforma di facciata, a fronte di un'emergenza del Paese costituita dalla corruzione e dalla criminalità organizzata ed economica".

Anche la revisione dell'impianto della responsabilità civile dei giudici è intesa in ottica punitiva: "l'eliminazione del filtro di ammissibilità delle azioni contro i magistrati trascura una casistica che abbonda di atti di citazione carenti dei minimi requisiti formali, dando così il via libera ad azioni strumentali."

Quindi l'affondo: "I disegni di riforma, per quanto ad oggi noto, offendono la magistratura con l'insinuazione che la crisi della giustizia dipenda dalla presunta irresponsabilità e scarsa produttività dei magistrati e reiterano la mistificazione di una riforma della giustizia che si pretende di realizzare con la riforma dei giudici." E, dopo aver ricordato l'impegno solerte di magistrati e cancellieri, le toghe si scagliano anche contro la riduzione del periodo di ferie (1° agosto - 15 settembre): "Se fosse confermata, l'annunciata riduzione delle ferie, decisa senza alcun previo confronto con la magistratura, sarebbe un grave insulto non per l'intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime.

Addirittura, ciò avverrebbe con un decreto legge a efficacia differita (cioè un ossimoro), quando altre riforme ben più urgenti sono incerte o rimandate al disegno di legge o addirittura alla legge delega."

La controreplica della maggioranza

Prende spunto da questo ultimo argomento che chiude la nota firmata dai giudici il renziano Roberto Giachetti per schernire, via Twitter, la presa di posizione dell'ANM: "Adesso ci spiegheranno che anche il taglio da 45 a 30 giorni di ferie è una minaccia all'autonomia e all'indipendenza della magistratura?" Del medesimo avviso i senatori del PD Claudio Moscardelli e Francesco Scalia, secondo cui i magistrati si starebbero muovendo solo per conservare gli "antichi privilegi".