Come ogni febbraio sono usciti oggi i dati relativi alla libertà di stampa nel mondo, pubblicati da Reporters sans Frontières. L'Italia è passata dal 49esimo posto dell'anno scorso al 73esimo di quest'anno. Una caduta libera di 24 posizioni, che ci pone alle spalle di paesi come Burkina Faso, Niger, Haiti, Papua Nuova Guinea e molti altri dalla debole tradizione democratica. Questo significa che nel corso del 2014 il nostro paese ha vissuto un incremento notevole del tasso di censura. E in effetti i dati pubblicati descrivono una realtà preoccupante: l'attività dei nostri giornalisti è sempre più costretta ad affrontare difficoltà di ogni tipo. Solo l'anno scorso ci sono stati 43 casi di aggressioni fisiche e 7 episodi di attacchi incendiari verso la proprietà. In aumento notevole anche i casi di accuse infondate per diffamazione, nel senso di denunce nei confronti di giornalisti che sono poi stati giudicati innocenti dai tribunali. Si è così passati dagli 84 del 2013 ai 129 dell'anno scorso, un aumento sostanziale del 50%.

L'Italia dunque arranca nel campo della libertà dei mezzi informazione. E pensare che fino a pochi anni fa ci posizionavamo sempre tra i primi trenta del mondo, in perfetta media europea, mentre oggi riusciamo a fare meglio solo di paesi come Ucraina, Armenia e Albania. C'è da dire che il declino della libertà di stampa non riguarda solo noi, ma lo scenario globale in generale. Questo è dovuto al proliferare dei conflitti in diverse aree critiche del mondo, nonché allo sviluppo sempre più forte del terrorismo nazionale e internazionale. Ecco dunque che situazioni come quella dell'Ucraina, dell'IS in Medio Oriente, di Boko Haram in Africa centrale influiscono in modo decisivo sul calo globale della libertà di stampa. Vi sono poi altre situazioni che giocano un peso decisivo in questi termini, come il rafforzamento del narcotraffico in America Latina e l'esplosione di conflitti sociali nelle aree più povere del mondo. Motivazione valide, ma che hanno poco a che vedere con la realtà europea e soprattutto italiana. Per spiegare la situazione del Bel paese, Reporters sans Frontières identifica allora un problema su tutti: il ruolo delle mafie. Gran parte degli attacchi alla libertà di stampa in Italia derivano da esse, non solo nel Sud Italia ma anche al Nord. È infatti una realtà ormai appurata l'infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto socio-economico dell'Italia settentrionale, un'espansione che va a influire notevolmente anche sull'attività dei giornalisti che indagano sul fenomeno, spesso vittime di minacce e aggressioni. Ecco dunque il legame tra mafia e censura in Italia identificato da Reporters sans Frontières.

I dati pubblicati oggi devono dunque essere un monito, un avvertimento che merita di essere raccolto e tradotto in iniziative nazionali concrete di lotta alla criminalità organizzata in generale, e più in particolare a tutto ciò che ostacola la libertà di stampa, pilastro di ogni democrazia.