Mentre proseguono senza sosta gli sbarchi dei profughi sulle coste italiane, il cuore del paese è scosso dallo scontro acceso tra Lombardia, Veneto e Liguria e il Governo sulla questione delle quote da ripartire tra le diverse regioni. È Roberto Maroni (Lega Nord) a guidare il fronte del "No all'accoglienza" e farsi portavoce di un'insofferenza che riguarda alcuni governatori del nord Italia. Lo fa minacciando tagli ai sindaci dei comuni che continueranno ad ospitare nuovi migranti: "Ai sindaci che dovessero accogliere nuovi migranti ridurremo i trasferimenti regionali come disincentivo alla gestione delle risorse".

Questa la sfida del governatore della Regione Lombardia che incassa l'appoggio di due governatori del centrodestra, Zaia in Veneto e il neoeletto Toti in Liguria. "il Veneto è una bomba che sta per scoppiare, non c'è posto per altri arrivi", aveva detto Luca Zaia. Sulla stessa lunghezza d'onda il collega di FI Enrico Toti: "in Liguria non arriverà più un profugo". Il fuoco di critiche piovute in questi giorni non ha smosso di un passo Maroni che tira dritto per la sua strada. Della questione, ha spiegato il governatore lombardo, se ne occuperà l'assessore Massimo Garavaglia: "Stiamo facendo una serie di proposte. Si può fare? Certamente sì, si può fare e lo farò".

Alfano contro i ribelli: "Il no delle Regioni è odio verso il Sud"

"Se Maroni proverà davvero a bloccare i migranti la reazione del governo sarà durissima". La risposta del Viminale ai governatori ribelli. Per il ministro dell'Interno Angelino Alfano è fondamentale proseguire sulla linea delle quote regionali, con una ripartizione equa non solo in Italia ma anche nel resto d'Europa.

Per questo motivo la posizione assunta da Maroni, Toti e Zaia è inaccettabile perché - come spiega ai margini dell'incontro con il commissario Ue all'immigrazione, Dimitris Avramopoulos - dimostra "un atteggiamento di odio insopportabile verso il Sud", già da tempo oltre il limite delle capacità di accoglienza. E lo dimostrano le dichiarazioni del sindaco di Corigliano Calabro, Giuseppe Geraci: "Il nostro impegno non può essere infinito.

Noi non siamo razzisti ma ora la situazione è diventata insostenibile. Come Comune non riusciamo a far fronte alle spese di assistenza e accoglienza ai migranti".

Geraci è solo l'ultimo, di una lunga fila di sindaci del Mezzogiorno di Italia che, sentendosi abbandonati dalle istituzioni nella gestione, soprattutto economica, dell'emergenza immigrazione, di fatto di schierano con la posizione di Maroni aggravando una frattura politica che potrebbe danneggiare l'immagine dell'Italia in vista del prossimo Consiglio Europeo.

La battaglia europea di Renzi

Quelle di Maroni sono affermazioni "che non aiutano" in un momento delicato in cui l'Italia ha il dovere di "reagire in modo unito" il commento del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni reduce da un vertice trilaterale sulla crisi libica con Egitto e Algeria.

Le parole di Maroni, oltre a suscitare la solita bagarre politica, dimostrano infatti come l'Italia sia ancora divisa su una questione che, di qui a poco, sarà oggetto di alcuni appuntamenti cruciali che dovranno concretizzare l'accordo generale dell'Unione Europea sul sistema di ripartizione delle quote dei migranti richiedenti asilo politico. I prossimi venti giorni, come ha sottolineato anche Matteo Renzi nel suo intervento al vertice G7 di Schloss Elmau in Baviera, saranno decisivi sia per quanto riguarda la stabilizzazione della Libia sia per la ripartizione dei profughi nordafricani fra i vari paesi Ue.

Da mesi l'Italia cerca il sostegno dei partner europei per fronteggiare una partita che verrà disputata nel Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno prossimi.

Roma è fiduciosa di portare a casa il risultato. Ma non sarà una passeggiata. L'Italia è non solo determinata a far approvare le quote, ma gioca al rialzo chiedendo la riallocazione di un numero superiore ai 24mila migranti previsti da Bruxelles, e spingendo affinché la redistribuzione (per ora programmata per due anni) diventi permanente. «Per anni in Italia si è pensato di poter fare da soli con la Bossi-Fini e gli accordi di Dublino, poi in maniera nobile con Mare Nostrum, ma sempre da soli". Ma è il momento di dare una svolta perché: "Non è possibile che un fenomeno grande come quello migratorio sia gestito come fino ad ora».